(Gazzetta dello Sport) In tante cose si assomigliano, Luis Enrique e Antonio Conte. Quasi coetanei, più giovane di un anno lo spagnolo. Entrambi alla prima panchina importante, incaricati di rifondare,
rassegna stampa roma
Gemelli in campo. In spogliatoio no
(Gazzetta dello Sport) In tante cose si assomigliano, Luis Enrique e Antonio Conte. Quasi coetanei, più giovane di un anno lo spagnolo. Entrambi alla prima panchina importante, incaricati di rifondare,
forti di solide convinzioni tattiche, che puntano alla qualità del gioco e al dominio del campo. Agire, non reagire. (...) La differenza è che con quell'ora di palla al piede, Conte ha fatto 29 punti e 24 gol, Luis Enrique 12 punti e 9 gol in meno. Probabilmente c'entra anche la disponibilità dello juventino a ricredersi e a modificare, che il romanista deve ancora dimostrare. Ma c'è una differenza ancora più netta tre i due: l'empatia, direbbe Mourinho; il feeling con la squadra. Ieri mentre Conte annunciava: «Prendetevela con me, lasciate stare i giocatori. Sono miei fratelli»; Luis Enrique doveva rispondere a un'altra domanda su Borriello, uno degli scontenti. Gli è scappata una parolaccia e il controllo dei nervi. Due fattori hanno agevolato il lavoro di Conte. Primo: è cresciuto in casa. Gode del credito che si deve a un ex capitano di successo. In calzoncini corti ha già dimostrato di sapere vincere. Luisito è arrivato da un altro Paese, con un'altra lingua e altri metodi. E' arrivato straniero ed estraneo nella Roma di Totti, che festeggiò il Mondiale 2006 con un cappello giallorosso in testa; nella Roma di De Rossi, che si è fatto stilizzare il Colosseo sulle scarpe da gioco. Difficilmente altrove si celebra di più la mistica dell'appartenenza. Secondo fattore: la Juve ha alle spalle stagioni sciagurate, che Conte si preoccupa di ricordare spesso, con il suo memento mori: «Ricordatevi che veniamo da due settimi posti». La Roma ha ancora fresche le emozioni per le recenti lotte scudetto, per le Coppe Italia e le Supercoppe vinte, per il bel gioco di Spalletti. (...) Anche per questo, se Conte a Napoli osa un assetto discutibile, va sotto e non lo cambia, la squadra tira dritto con fede, sputa l'anima e rimonta due volte un doppio svantaggio. Chiaro che poi Conte tuoni: «Guai se mi toccate i Giaccherini!» Oggi la Juve e Conte sono un respiro solo. Se ne è accorto anche Luis Enrique, che sospira d'invidia: «Conte ha insegnato ai suoi giocatori a sacrificarsi».Se invece Luis Enrique prova inventarsi qualcosa, in spogliatoio diventa subito Zichichi, genio imperscrutabile. Perché Borriello non gioca dal 26 ottobre se la Roma segna così poco? Non è stata compresa neppure la sospensione di Osvaldo, che ha rosicchiato via altra empatia. (...) Molti, anche tra i tifosi, raramente così pazienti, continuano a credere nella rivoluzione dello spagnolo, oggettivamente affascinante. Luis ha restituito la palla alla Roma, l'ha spinta avanti sempre e ovunque, ha messo le ali ai terzini, ha avuto il coraggio di normalizzare Totti, di imporre regole per tutti, di cambiare gli orari di Trigoria e riportare carichi di lavoro dimenticati. E di parlare chiaro. Gli mancano i risultati. Ieri Luisito ha ragionato di dimissioni. Ma se stasera batterà il gemello Conte, forse l'eterna Roma accetterà l'idea di farsi rifondare da uno spagnolo.
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