(Il Romanista-D.Galli) Nella nuova Roma contano i manager, gli investimenti, i calciatori. Ma un discreto peso cominciano ad averlo anche i simboli. Le date hanno un senso. Sono dei messaggi.
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Fenucci diventa supermanager
(Il Romanista-D.Galli) Nella nuova Roma contano i manager, gli investimenti, i calciatori. Ma un discreto peso cominciano ad averlo anche i simboli. Le date hanno un senso. Sono dei messaggi.
Il 17 giugno 2011, a dieci anni dallo scudetto, Baldini ha chiamato a raccolta il management giallorosso per la prima riunione. Non è stato un caso. Così come non è un caso che oggi, proprio nel giorno in cui l’America celebra la firma della Dichiarazione d’Indipendenza, si tenga il primo Consiglio di amministrazione del dopo-Sensi. Della Roma stars and stripes. A stelle e strisce.
Il board giallorosso, alias il Cda, si riunirà per la seconda volta in pochi giorni. Non più nella sede di Compagnia Italpetroli, come è accaduto il 28 giugno per le dimissioni della famiglia Sensi, e sembra nemmeno a Trigoria. In ballo c’è soprattutto l’attribuzione delle deleghe operative a Claudio Fenucci. L’ex numero due del Lecce diventerà consigliere delegato e non amministratore delegato, ruolo questo che sarà ricoperto da Thomas Richard Di- Benedetto. Che poi parlare di amministratore delegato è improprio. DiBenedetto sarà quello che nell’alta finanza è chiamato CEO. L’acronimo di Chief Executive Officer vuol dire praticamente tutto: amministratore delegato e presidente insieme. Fenucci sarà un gradino sotto mister Tom. «A me piacciono le soluzioni snelle», aveva detto qualche tempo fa Sabatini, tra una sigaretta spipacchiata e l’altra, nel corso di una memorabile conferenza stampa, la prima da direttore sportivo della Roma. Parlava della società. Della necessità di avere un organigramma con pochi supermanager. Ecco, uno di questi sarà proprio Fenucci. Sarà sia quello che è ora la Mazzoleni, e quindi il responsabile finanziario del club, sia quello che era fino al 30 giugno Montali. Dunque, pure direttore operativo. Stando ai patti parasociali siglati a Boston il 15 aprile, avrà potere di firma sui trasferimenti dei giocatori, fino a 15 milioni per ogni esercizio e sui rinnovi, fino a 10 milioni. Oltre questi tetti, la palla passerà al Consiglio di amministrazione, che dovrà approvare le operazioni con il voto favorevole di almeno uno degli amministratori scelti da Unicredit.
I poteri conferiti a Fenucci consentiranno a Sabatini di poter lavorare con maggiore serenità. Non avrà più bisogno di ricevere di volta in volta delle procure speciali da Roberto Venturini, l’uomo che la banca ha spedito a Trigoria per supervisionare i conti giallorossi. D’ora in poi, se dovrà comprare un giocatore, il diessedovrà fare riferimento solo a Baldini per la parte tecnica e a Fenucci per quella finanziaria. Ecco un esempio di società snella. All’ordine del giorno, però, non c’è solo il conferimento delle deleghe a Fenucci. Il board eleggerà anche il nuovo presidente. A quanto risulta a Il Romanista, dovrebbe trattarsi dell’avvocato della banca Roberto Cappelli. È consigliere della Roma già da tre anni, ma soprattutto è un uomo fidatissimo di Unicredit. L’altra possibile candidatura era quella di Paolo Fiorentino. Il vicedirettore generale della banca dovrebbe mantenere una posizione defilata. Ma solo formalmente. Di fatto, sarà il referente numero uno di DiBenedetto in seno al Cda. Cappelli traghetterà il board fino all’elezione a CEO di DiBenedetto da parte dell’assemblea degli azionisti, riunita in prima convocazione il 30 luglio.
Non si poteva fare prima? No. E per due motivi. Innanzitutto, perché per legge devono trascorrere almeno trenta giorni tra il Cda che indice l’assemblea (quello del 28 giugno) e l’assemblea stessa. E poi perché vanno ancora messe le firme sui contratti definitivi. È il famoso closing, il lieto fine del procedimento di vendita. Di- Benedetto tornerà in Italia apposta tra il 10 e l’11 luglio. Entro il 14, il 60% della Roma sarà suo. Suo, e di Richard D’Amore, James Pallotta e Michael Ruane.
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