(Il Romanista - P.Bruni) Serata da incubo, notte insonne e mattinata trascorsa a sbollire la rabbia. Il post Shakhtar è un giorno nero.
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Cassetti: «Giusto fischiarci»
(Il Romanista – P.Bruni) Serata da incubo, notte insonne e mattinata trascorsa a sbollire la rabbia. Il post Shakhtar è un giorno nero.
All’uscita dei calciatori da Trigoria avviene il tanto atteso incontro con i sostenitori. Il primo ad essere intercettato è De Rossi, a cui gli viene chiesta una reazione d’orgoglio: «Tu lo sai quanto teniamo a questa maglia, tirate su la testa». Tocca, poi, a Cassetti fermarsi fuori dal cancello a rassicurare i ragazzi: «E’ stato giusto fischiare ieri sera (mercoledì, ndc). Sappiamo che è un momento difficile ma la stagione ancora non è finita. Dobbiamo reagire tutti insieme, siamo i primi ad essere dispiaciuti».
Applausi e sorrisi vengono tributati a Castellini: «Daje Paolo gioca tu al posto di Riise». Pochi istanti e arriva il turno di Salvatore Scaglia, il team manager della Roma, fermarsi a parlare: «Perché i giocatori non vanno in ritiro?», gli chiedono arrabbiati e lui, con molta pacatezza, risponde: «A che serve? A nulla». Un altro lo incalza: «Perché la preparazione atletica fa acqua da tutte le parti?». «Di queste cose tecniche – spiega l’ex Parma – non me ne occupo. L’impegno c’è e si è visto anche ieri sera (mercoledì, ndc). Purtroppo paghiamo delle disattenzioni». Infine, prima che Scaglia volti l’angolo della strada, l’ultima domanda: «Come mai con tutti questi soldi che prendono non riescono a giocare una partita decente?». «I vostri appunti – spiega – sono comprensibili ma in questo caso non c’entra il denaro. Siamo tutti in attesa del nuovo assetto societario».
Da Borriello, invece, vogliono sapere il motivo per cui uno come Aronica (difensore del Napoli) pur non essendo dotato di grande tecnica, con l’impegno e la determinazione, riesce a disputare partite di grande profilo, mentre Vucinic e Menez, spesso, si fermano con le mani sui fianchi. «Non è un discorso dei singoli ma nel complesso», risponde l’attaccante napoletano. Critiche che si spostano, successivamente, sul poco impegno da parte della rosa giallorossa a sacrificarsi per onorare la maglia.
Mentre l’ex rossonero sgomma via, tocca a Francesco Totti, Aleandro Rosi e Philippe Mexes fare capolino con l’auto sulla soglia del cancello del Bernardini. A Rosi chiedono se la situazione all’interno dello spogliatoio sia ok e lui, con accenno di sorriso, si trincera dietro un «Ehh». Poi, però, gli viene domandato dell’episodio con Lavezzi costato ad entrambi la squalifica. «Mi ha dato una gomitata – chiarisce il terzino –mi ha fatto innervosire. Dispiace per quello che è successo». Più diretto, Mexes: «E’ un periodaccio ma ce la stiamo mettendo tutta. Ci gira anche male in certi frangenti». Qualcuno vuole rassicurazioni circa il suo futuro e le voci che lo spingerebbero al Milan: «Non è vero niente», incalza il francese. Infine, dulcis in fundo, non può mancare il quesito su Ranieri: «E’ colpa di Ranieri?». «Non è l’allenatore il problema», puntualizza Rugantino. Dieci minuti a spiegare le ragioni di un tracollo inaspettato. I primi malumori delle persone, tuttavia, hanno avuto inizio verso le 10.30, una mezz’ora prima che la Roma scendesse in campo per l’allenamento. Circa una trentina, non troppo rumorosi, si piazzano davanti al “Fulvio Bernardini”. La contestazione è sobria, civile, senza alcuno strascico violento e la polizia sorveglia la situazione. La curva che immette a piazzale “Dino Viola” comincia a riempirsi intorno alle 11.10: poco meno di una sessantina di persone che attendono e fremono per incontrare i giocatori. All’ora di pranzo, cori e grida cominciano ad alzarsi con una certa frequenza: “Tifiamo solo la maglia”, “Andate a lavorare” e “Siete tutti mercenari”. Il resto, purtroppo, è frustrazione e impotenza. Amarezza e disillusione.
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