La vera storia di Luca Parnasi è la trama di un western all'italiana, scrive Gianfrancesco Turano su "L'Espresso". Dal 13 giugno è in carcere per un'inchiesta della Procura di Roma, con i media che gli danno responsabilità ampiamente superiori al suo effettivo peso nel saloon della politica romana e nazionale. Negli ultimi sette anni, da quando è iniziata la vicenda dello stadio, aveva dato soldi all'intero arco della politica iniziando con la fondazione Farefuturo di Gianfranco Fini per arrivare alla Lega di Matteo Salvini e a Eyu del tesoriere Pd Francesco Bonifazi. Si era coperto con il M5S rampante nella capitale e nell'Italia intera grazie all'inviato speciale di Beppe Grillo da Genova Luca Lanzalone, finito agli arresti. Soprattutto si era consegnato con disciplina e sottomissione alle banche: Unicredit, Popolare di Vicenza, Rothschild Italia.
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Avvoltoi sullo stadio
Approfondimento de "L'Espresso" sull'impianto della Roma: Pallotta ritiene che Parnasi gli sia stato imposto da Unicredit e, in particolare, dall'allora ad Paolo Fiorentino e dall'avvocato della banca Roberto Cappelli
Sabato 14 aprile 2018 si disputa il Gran Premio di Formula E. Fra i presenti al Gran Premio, c'è il presidente del Coni Giovanni Malagò, per vent'anni alla guida del Canottieri Aniene. Altri due soci del circolo sul Tevere parlano in disparte. Sono Mauro Baldissoni, direttore generale dell'As Roma, e Parnasi. Non lontano c'è anche il proprietario del club, il bostoniano Jim Pallotta. Lui con Parnasi parla il meno possibile. Da tempo il finanziere statunitense si esprime con grande libertà di pensiero e frequente uso della "E.. word" sull'immobiliarista romano. Lo vede come un ostacolo alla rapida attuazione di un progetto che era stato annunciato in partenza nel 2016. Pallotta ritiene, non a torto, che Parnasi gli sia stato imposto da Unicredit e, in particolare, dall'allora ad Paolo Fiorentino e dall'avvocato della banca Roberto Cappelli, presidente della squadra nel 2011 con un ruolo fondamentale nel passaggio del club dalla famiglia Sensi ai capitali a stelle e strisce della Neep. Pallotta ha dovuto accettare i diktat della banca. Unicredit si trovava nella posizione unica di essere il principale creditore della holding Parsitalia di Parnasi, del gruppo Papalia-Sais ex proprietario di Tor di Valle e della Roma stessa, sia in versione Sensi sia in versione Usa. Salvo i soldi alla Neep, sono tutte eredità dell'incorporazione di Capitalia e di annidi prestiti concessi su ordine di Cesare Geronzi ai costruttori romani. Ma i rapporti fra Pallotta e Fiorentino che si sono deteriorati da tempo.
Il motivo per cui Unicredit è conditio sine qua non nelle vicende dello stadio si trova fra le carte di Parsitalia. Dentro Parsitalia si consuma un bis della vicenda Italpetroli. Come era successo con la holding del presidente scudettato Franco Sensi, i creditori impongono un durissimo piano di rientro all'azionista di maggioranza, Maria Luisa Mangosi, la madre di Luca Parnasi che ha finanziato, secondo norma, il sindaco di Milano Beppe Sala per 50 mila euro. Nell'arco di tre anni dall'agosto 2014, Unicredit risolve il problema dell'esposizioneda 726 milioni (dato 2013) distribuita su 19 controllate di Parsitalia in modo graduale ma semplice. La banca nomina un suo uomo, l'ex Aedes Michele Stella, come manager e attraverso una serie di passaggi tecnici si prende tutto il piatto, rappresentato da appalti per molte centinaia di milioni. A quel punto, Parnasi resta in vita come imprenditore solo perché ha in mano i terreni di Tor di Valle, messi dentro Eurnova e finanziati da Unicredit per una cifra modesta (9 milioni). Ma Parnasi non ha, fin dall'inizio, le risorse per costruire, che devono essere private. A ottobre del 2015 si accorda con la famiglia Pizzarotti e costituisce la Buildit. I costruttori di Parma hanno l'80 per cento. Il resto è di Parnasi e dei fratelli Maurizio e Prospero Calb, romani con residenza monegasca. I progetti da sviluppare sono due, uno è lo stadio.
Dopo gli arresti alcuni passaggi delicati minacciano il futuro dello stadio. La Procura ha sottolineato che il progetto non è messo a rischio dall'inchiesta. Eppure le ombre restano. È necessario nominare un nuovo presidente di Eurnova dopo che Parnasi si è dimesso dal carcere. Se la sua posizione si aggraverà, potrebbe essere nominato un amministratore giudiziario. Fra gli elementi di possibile ritardo c'è l'inchiesta del pm romano Mario Dovinola che valuta il ruolo di Parnasi nel fallimento della Sais di Gaetano Papalia, ex padrone di Tor di Valle. Il re degli ippodromi sostiene che Parnasi non ha saldato il prezzo di cessione dei terreni alla Sais. «Parnasi», dice Papalia all'Espresso, «ha pagato fino a oggi rate mensili per circa 19 milioni di euro sui 42 milioni complessivi. Per questo Sais ha ancora in pegno la metà del capitale di Eurnova. Mi risulta che l'ultima rata sia stata pagata da Eurnova a marzo di quest'anno». Una sospensione duratura dei pagamenti potrebbe fare scattare una istanza di fallimento da parte della curatela Sais. A quel punto, Parnasi sarebbe praticamente costretto a cedere. Tornando a Papalia, la sua ricostruzione è questa. «Lo stadio è stata una seconda opzione per Parnasi che, sull'area dell'ippodromo, voleva realizzare un complesso residenziale attraversato da canali d'acqua sul modello di Amsterdam, con cubature fino a 300 mila metri. A marzo del 2010 abbiamo firmato un preliminare per 42 milioni più Iva con 600 mila euro di caparra. Tempo dopo gli dissi che ero stato contattato per il nuovo stadio da Rosella Sensi e gli consigliai di partecipare con Tor di Valle alla selezione delle aree avviata da Cushman e Wakefield. Ad aprile 2012 formalizzammo il secondo accordo con una caparra di 3 milioni. Parnasi non li aveva. Li chiese alla Popolare di Vicenza, più altri 5 circa per i costi di startup. Forse non li ottenne. Comunque non me li diede. Così non mi fu possibile pagare il debito con Equitalia che a febbraio 2013 chiese il fallimento della Sais, dichiarato a maggio del 2014, poco dopo la firma del terzo accordo, quello definitivo, per la cessione dell'area a 42 milioni». Nel frattempo, Tor di Valle aveva superato sia la prima selezione, quella delle settanta aree, sia la seconda, quella delle dieci, e aveva vinto dopo essere arrivata in finale con i terreni della Bufalotta (Lamaro-Toti) e di Tor Vergata (Vianini-Caltagirone).
Non c'erano motivi particolari di eccellenza dell'ex ippodromo sulle altre due. Ma c'erano le centinaia di milioni di debito con Unicredit che al tempo governava, di fatto, la Roma. Fiorentino voleva Parnasi e così Baldissoni, Cappelli, Daffina. Anche i fratelli Toti, del resto, erano indebitati con l'ex Capitalia e non erano nella condizione di fare la voce grossa. Caltagirone, che certo non la prese bene, era comunque azionista di Unicredit. Come tale, poteva guardare con favore al risanamento di Parsitalia approvato ad agosto 2014 e chiuso un anno fa, più o meno quando il proprietario della Vianini ha ceduto la sua partecipazione nella banca di Jean-Pierre Mustier. Due mesi prima del fallimento Sais, a marzo 2014, ci fu la presentazione del nuovo stadio in Campidoglio. A dicembre arrivò la dichiarazione di pubblico interesse. Papalia si mostra stupito di parecchie cose. Di come hanno lasciato fallire la sua Sais, ad esempio. O del comportamento di Parnasi. «Dopo la morte del padre, Luca mi ha bloccato il telefono. L'ultima volta ci siamo sentiti per gli auguri di Natale del 2016». Ripartire da capo su un'altra area significa perdere anni. Pallotta non è disponibile e ha i suoi motivi. Secondo fonti riservate, il finanziamento di Goldman Sachs è vincolato ai tempi di realizzazione dell'impianto che andrà sotto l'ombrello della spa Stadio Tdv. Questa società non è collegata all'As Roma ma direttamente alla Neep dello hedge-funder italoamericano e il suo capitale è interamente in pegno a Goldman Sachs a garanzia dei crediti. Insomma le rassicurazioni di Raggi e della Procura rischiano di essere insufficienti. Oggi la situazione sta tutta in un episodio precedente gli arresti. Francesco Totti, uomo-immagine del club, incontra una persona e gli chiede che sta facendo. Quello dice di essere a Roma per una riunione sullo stadio. Risposta: "Ancora co sto stadio". Fulminante. E non è una barzelletta.
(G. Turano - L'Espresso)
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