(Il Romanista - C.Zucchelli) La cosa grave, che quasi dispiace, è che bisogna parlare di lui per l’espulsione, per l’ennesima sciocchezza figlia di un carattere troppo istintivo, e non per i gol.È un peccato, ma un peccato vero. Perché prima di tutto, prima dei gomiti alti, delle reazioni eccessive e delle bizze, Pablo Daniel Osvaldo, Dani per tutti a Trigoria, è un grande attaccante. Uno che la porta la vede, la sente, la cerca.
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Osvaldo è l’ora di svegliarsi
(Il Romanista – C.Zucchelli) La cosa grave, che quasi dispiace, è che bisogna parlare di lui per l’espulsione, per l’ennesima sciocchezza figlia di un carattere troppo istintivo, e non per i gol.
Uno che da quando è arrivato alla Roma ha fatto praticamente mezzo gol a partita (20 totali in 38 presenze) e che, soprattutto da quando c’è Zeman in panchina, è diventato determinante per questa squadra. Ci si potrebbero scrivere pagine e pagine sul suo ruolo, sul suo talento, sulla sua generosità, sul suo rapporto d’amicizia con tanti compagni. E invece, quella testa che troppo spesso se ne va per i fatti suoi, lo penalizza. Lo porta ad essere il protagonista negativo di Roma-Atalanta per un’espulsione tanto sciocca quanto inutile.
È stato provocato, è vero. Ma rifilare una gomitata a un avversario sul 3-0 per la tua squadra non ha senso. Soprattutto quando gli avversari ti prendono di mira, visto che sanno che, con 9 espulsioni totali in carriera, sei un tipo "fumantino". Uno che reagisce facile. La prossima settimana, quando si concluderà il turno di Coppa Italia, arriverà la decisione del giudice sportivo. Osvaldo può prendere una giornata (se nel referto l’arbitro parlerà di gioco scorretto, ma è improbabile) oppure tre se invece verrà riconosciuta la gomitata intenzionale e quindi il gioco violento. La Roma, al contrario di altre volte, è stata meno dura con lui (ancora non si sa se verrà multato) perché riconosce la provocazione subita - come già fatto da Zeman nel post partita - ma sa, e ribadirà al giocatore, che la maturità di un campione, e Osvaldo lo è, passa anche per la capacità di non reagire.
Certi atteggiamenti, d’altronde, penalizzano lui e la squadra.Penalizzano anche un allenatore che per Osvaldo si è speso in prima persona. È lui che lo ha voluto tenere a Roma a tutti i costi, è lui che gli ha affidato il ruolo di centravanti titolare, è lui che, nonostante alcuni comportamenti non sempre irreprensibili, cerca di parlarci, consigliarlo, farlo crescere. Osvaldo in campo lo ripaga, fuori non sempre. A Siena, ad esempio, si è svegliato tardi, ha saltato la colazione coi compagni ed è arrivato qualche minuto dopo gli altri alla riunione tecnica. Ha detto prima a Baldini e Sabatini che non se la sentiva di giocare per via del dolore al piede, insostenibile in quell’occasione. È andato in panchina, dopo aver parlato a lungo con il dg in una sala riservata dello stadio, ha incitato i compagni, soprattutto Destro (che infatti dopo il gol lo ha abbracciato) ma il suo nervosismo era evidente.
Lo era anche martedì sera quando ha lasciato lo stadio. Si è giustificato, lontano dai microfoni, ribadendo di essere stato provocato, di essere stato trattenuto in area dai giocatori dell’Atalanta per tutta la partita e che il suo intento non era quello di fare male all’avversario ma solo di divincolarsi. I dirigenti hanno capito e con lui sono stati meno severi che in altre occasioni. La speranza è che l’espulsione in Coppa Italia, terza stagionale compresa la Nazionale, stavolta gli serva da lezione. Perché è un peccato che un talento del genere venga offuscato da un carattere che invece di essere la sua forza rischia di essere il suo più grande limite.
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