Anche nel romanzo pallonaro, non solo in quello criminale scritto per il cinema, ci sono nomi che ti porti dietro. A Roma, per esempio, Er Divino è Falcao, Er Capitano è Totti. Er Bomber è stato e sempre sarà Roberto Pruzzo. Non è stato il primo amore. C’erano stati Taccola, Pierino Prati, e alcuni amori in tempi quasi cupi, come Casaroli e Spadoni che illudevano per qualche primavera.
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Pesce d’aprile, Pruzzo ne fa 60
Arrivato a Roma per tre miliardi di lire, serviva uno che la buttasse dentro e Pruzzo era l’unico a tiro dei giallorossi. Nella capitale sarà sempre Er Bomber
Er Bomber arrivò per tre miliardi nel 1978. Tanti soldi per quei tempi, oggi ci tratti Spolli. E non si parlava di progetto: serviva uno che la buttasse dentro e Pruzzo era l’unico a tiro della Roma. Brontolone, disincantato. Con un senso dell’humor personalissimo. Passava davanti ai cronisti, si voltava dall’altra parte e diceva «Aoh ma nun piove mai ’a ’sta città?». Amava la pioggia, i campi lenti. Perché sembrava lento. Non ai difensori. Prendeva botte soprattutto da Brio, ma non s’è mai capito che rapporto avessero. Nello spogliatoio era rispettato. Si giocava per le sue giocate senza invidia, con generosità. Fumava nello spogliatoio dopo la partita. Raramente era banale. Al punto che i cronisti, quando smettevano di gironzolare a caccia di una notizia per Trigoria o alle Tre Fontane, vedendolo passere gli facevano «Bomber, dacce un titolo». Ma la cosa che dava più spesso erano gol. In acrobazia un fenomeno. Di testa? Guai a fargli vedere la palla. Con quel culotto, giusto arbitro tra busto e cosce, aveva un equilibrio unico. Buffo in allenamento quando per «divertirsi» tirava calci a un giovanissimo Faccini da dietro. «Mister, vede Pruzzo mi dà i calci!». Il mister era Liedholm: «Zito, fai caratere...». Sì, faceva ridere. E tirava brutti scherzi ai difensori: d’altra parte è nato il Primo aprile, oggi fa sessant’anni, Er Bomber.
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