Questa mattina Daniele De Santis, l’ultrà romanista che il 3 maggio del 2014 assassinò Ciro Esposito, nel processo in cui è imputato dei reati di omicidio volontario e lesioni, racconterà la sua versione dei fatti ai giudici. L’udienza, nella blindatissima aula bunker di Rebibbia, era calendarizzata da tempo e prenderà il via alle 9 di mattina.
rassegna stampa roma
Ciro, oggi De Santis in aula
L’udienza, nella blindatissima aula bunker di Rebibbia, era calendarizzata da tempo e prenderà il via alle 9 di mattina. “Gastone”in aula per ricostruire l’omicidio dell’ultrà napoletano
Così il 48enne De Santis, detto “Gastone”, prenderà la parola e spiegherà, minuto per minuto, quanto accaduto nelle ore che hanno preceduto la finale di coppa Italia in cui si sono affrontate Napoli e Fiorentina.
Secondo quanto si apprende, l’ultrà romanista non si sottrarrà alle proprie responsabilità ribadendo, però, di essersi difeso dall’aggressione di un gruppo di tifosi partenopei. Una tesi già raccontata, in fase d’indagine, ai pubblici ministeri Eugenio Albamonte e Antonino Di Maio quando, con una lettera, aveva ammesso: «È vero, alla fine i colpi di pistola li ho esplosi io ma senza mirare. Ero pieno di sangue dappertutto e mi stavano ammazzando. Non volevo uccidere nessuno».
Quel giorno, racconta Gastone, «sono uscito dalla Boreale, luogo in cui vivo, per chiudere il cancello perché si sentiva un casino di bomboni e fumogeni e dentro stavano giocando i ragazzi». Tuttavia, uscito dalla struttura, avrebbe trovato una situazione incandescente.
Per questo, spiega De Santis, «ho raccolto un fumogeno che stava per terra per lanciarlo lontano» e subito dopo «ho strillato al conducente del pullman di levarsi». Pochi attimi, secondo la ricostruzione di Gastone, e «mi hanno rincorso in trenta o forse più così ho provato a scappare mentre già alle spalle mi colpivano a bastonate e con un coltello». A questo punto il 48enne avrebbe provato a chiudere il pesante cancello, senza riuscirci, rimanendo con la gamba incastrata e, ormai, rotta. Una lettera che il 48enne concludeva con uno sfogo: «Ho paura, per me ma soprattutto per i miei familiari, perché hanno pubblicato le foto di mio padre e su internet hanno messo pure l’indirizzo di casa dei miei».
(D.M.Ruffolo)
© RIPRODUZIONE RISERVATA