Atteso al varco da chi sosteneva che fosse una scelta decorativa utile solo a tenere buona la piazza furente, il provetto allenatore Daniele De Rossi ha imboccato la via della discontinuità col passato e recuperato l'anima della Roma, scrive Matteo De Santis su La Stampa. Terapia d'urto nelle prestazioni, ma meno pressioni sulla mente dei giocatori: la nuova gestione, scadenzata contrattualmente (per ora) fino a130 giugno, ha prodotto 5 vittorie nelle 6 partite di campionato e un avanzamento di un turno in Europa sulla pelle del "solito" Feyenoord.
La Stampa
Profeta in patria
Con la discesa in panchina di De Rossi, bisbigliano a Trigoria, l'aria è cambiata. "La squadra è forte", le parole che hanno sancito una rottura comunicativa con i frequenti pubblici messaggi di una rosa non attrezzata per tutte le competizioni lanciati da Mou. Una discontinuità concettuale decretata anche dal diverso modo di affrontare il discorso arbitri, spina nel fianco da 29 espulsioni (7 per il tecnico) nello staff della precedente reggenza. Una delle prime telefonate del De Rossi allenatore è stata con Gianpaolo Calvarese, ex arbitro consulente della società per il regolamento e protocollo Var. Il laboratorio di Trigoria registra novità quasi giornaliere nel lavoro sul campo: dalla seduta pomeridiana dello scorso 16 gennaio i giocatori si sono ritrovati di fronte a un completo cambio nei metodi e nei carichi di allenamento. Un'inversione di rotta che coinvolge anche l'aspetto della gestione del gruppo, narrato unito e compatto come non mai. Inclusivo dove, specie negli ultimi tempi cupi, Mourinho era stato divisivo. "Daniele ha riportato la romanità", il plauso dell'antico sodale Totti. Adesso lavora per ricondurre la Roma, attraverso l'Europa League o il campionato, nella terra promessa della Champions.
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