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rassegna stampa roma

Stregati dalla lupa: Dan e Ryan conquistano un palcoscenico globale

Il figlio di Friedkin nei mesi passati è venuto a Roma per studiare la città, passeggiare a Trastevere, fare foto allo stadio e alle vetrine dei Roma store, e poi inviare le immagini sul cellulare del padre

Redazione

La parola chiave è “Roma”. Ma anche “la Roma”. O meglio, tutte e due: perché se il club giallorosso non avesse portato il nome della città più antica e famosa al mondo, probabilmente Dan Friedkin, un anno fa, dopo aver sentito il racconto entusiasta del figlio Ryan, non avrebbe chiesto al suo team di dare un’occhiata a una squadra italiana di calcio. Poche settimane dopo averne parlato con il padre, Ryan era a Roma per studiare la città, passeggiare a Trastevere, fare foto allo stadio e alle vetrine dei Roma store, e poi inviare le immagini sul cellulare del padre.

Con lui ha visto, a casa, le partite della squadra. Ma c’è altro: a settembre il figlio di Friedkin, destinato a vivere in Italia, avrebbe incontrato manager, parlato con altre due proprietà americane, quella di Rocco Commisso, Fiorentina, e Paul Singer, Milan, a cui ha chiesto pareri, sondato idee, saldato amicizie, scrive Massimo Basile su La Repubblica. La parte storiografica servirà a ricordarci che sono le persone eclettiche quelle destinate a cambiare la vita degli altri, e forse del nostro calcio: a 54 anni Friedkin non è solo tra i 500 più ricchi al mondo, con un patrimonio personale di 4,1 miliardi di dollari, ma molte cose ancora. L’erede del più grande gruppo di importazioni di Toyota in Usa, 300 mila auto vendute all’anno, il proprietario della catena di hotel Auberge Resorts Collection in Usa, Europa, Caraibi e isole Fiji, due campi da golf, resort per safari in Tanzania, una casa di produzione, la 30West, una di riprese cinematografiche aeree, la Pursuit Aviation, quote nella Neon, che ha prodotto in Usa il film coreano “Parasite” e, da febbraio, della Altitude Media Group, la casa di produzione di “Moonlight”, “Lady Macbeth” e, sì, “Diego Maradona” di Asif Kapadia.

Allo staff sarebbe arrivato, si dice, un elenco di quasi mille nomi di persone raccomandate perché Friedkin trovi loro un posto nel calcio o nel cinema. Non aspettatevi fiumi di parole: dopo il successo di “Parasite”, avrebbe potuto accogliere i giornalisti con i piedi sul tavolo, invece non ha mai parlato. L’uomo ha anche le sue paranoie: le case. Sa che l’Italia ha un’occasione straordinaria: costruire impianti di ultima generazione, perfette per tv, cinema e web, più avanzate rispetto a quelli delle altre leghe big d’Europa, che hanno costruito i loro dieci anni fa. Dieci anni, di questi tempi, significa paleolitico e questa l’unica parte della storia da cui Friedkin ha scelto di scappare, nel momento in cui ha deciso di innamorarsi di Roma.