Un destino comune per i tecnici di Lazio e Roma al loro terzo anno nella capitale: nonostante i risultati non vengono ascoltati. Sono allenatori insoddisfatti e assai preoccupati, scrivono Giulio Cardone ed Emanuele Gamba su La Repubblica.
La Repubblica
Silenzio dissenso: il mercato in salita di Sarri e Mourinho
Aspettano e sacramentano a microfoni spenti. Gli allenatori sono una razza complicata, se ne sono visti di rado andare d'amore e d'accordo con i rispettivi dirigenti: dopo tutto sanno che la responsabilità di un eventuale fallimento gira e rigira ricade su di loro e si cautelano alzando il livello delle richieste.
Mourinho qualcosa ha già avuto. Ndicka e Aouar a parametro zero sono due affaroni, così come anche la conferma di Llorente in prestito (l'esterno Kristensen è invece tutto da scoprire), ma come centravanti ha uno che in campionato non ha fatto neanche un gol ed è per quello che allude in continuazione: ha deciso che vuole Morata anche se la società preferirebbe Scamacca, più giovane e meno costoso (lo spagnolo ha una clausola da 21 milioni, l'azzurro arriverebbe in prestito e guadagna meno), e perciò smoccola. Ribadirà anche quest'anno che la Roma non ha investito un euro sul mercato (vero), però le regole d'ingaggio le conosceva: a causa del settlement agreement con la Uefa, i giallorossi possono spendere solo quello che incasseranno e inoltre entro il 30 giugno hanno dovuto realizzare plusvalenze per quasi 30 milioni. Tiago Pinto ci è riuscito sacrificando giovani che in futuro potrebbero valere molto di più (in particolare il 19enne Missori, terzino destro che nel giro di due o tre anni il Sassuolo rivenderà a cifre da Frattesi) e che hanno avuto mercato anche perché Mou li ha lanciati, come Volpato e Tahirovic.
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