La solitudine del numero 10 ha il rumore della pioggia che scende improvvisa e inopportuna sul Portobello, e inzuppa la maglia e i pensieri di Antonio Cassano. Sembra una scena da film: Prandelli fischia una pausa, i giocatori corrono a bere, asciugarsi, togliersi le pettorine, Antonio no. Resta immobile sul ciglio dell’area, volta le spalle a tutti, contempla la collina, l’infinito, forse il vuoto, le mani sui fianchi come quando rifiata o inventa. Non va a chiamarlo nessuno, Anto’ vieni via, ti prendi un malanno. Resta da solo, pensa a cosa ci fa qui, se era questo il Mondiale che sognava, il primo. Aveva perso il Sudafrica perché non accettava un ruolo part-time proposto da Lippi.
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La saudade di Fantantonio: solo e riserva, addio allegria
Al suo primo mondiale in maglia azzurra, Antonio Cassano rischia di guardarne gran parte dalla panchina.
Adesso, dopo la vecchia lite con Prandelli e il perdono accordatogli in primavera, rischia di essere un Dez delegittimato, o, piuttosto, un dodicesimo di lusso. Tollerato più che amato. E forse dovrà sudarsi anche questa particina: Immobile scalpita, come alternativa o spalla di Balotelli, e Insigne ha la freschezza per cambiare le partite. Lo ammette, candidamente, anche il giovane attaccante del Napoli, che ha ormai preso la rincorsa: «Con Cassano bene o male giochiamo nella stessa posizione, siamo più o meno simili tecnicamente, entrambi saltiamo l’uomo. Lui ha più esperienza di me, potrà darmi molti consigli, anche se finora non ci siamo parlati molto, abbiamo solo scherzato. Io sapevo di avere davanti a me gente che ha segnato molto di più, ma ho affrontato tutto con l’ottimismo giusto e ora sono pronto a qualsiasi ruolo».
La prova, già adesso: verso l’Inghilterra, la febbre di Verratti («Può recuperare per la partita», per il dottor Castellacci, oggi torna in gruppo) apre a una ridda di ipotesi: Thiago Motta il primo indiziato, Parolo l’alternativa, Insigne il possibile azzardo per dare più qualità. In tutti i casi, lo spazio per Cassano, come vertice alto dello strano centrocampo a cinque, non c’è. Sembrano già sbiaditi i sorrisi enormi della partenza, Fantantonio felice con tutta la famiglia al seguito, che strapazza di baci i suoi bimbi (Christian, che c’era già all’europeo, e il piccolo Lionel, battezzato così in onore di Messi) e poi li culla da tenero papà durante il volo.
Adesso, piuttosto, c’è una domanda che forse si pone anche lui: che senso può avere avuto tenerlo fuori due anni, escluderlo dalle qualificazioni, infine richiamarlo d’urgenza per poi impiegarlo mezzora? Non è mica l’Italia di Cassano, non può esserlo se si gioca con una punta sola e questa punta è Balotelli. Se il ct l’ha puzecchiato indirettamente dopo il pari a Perugia: quando è entrato lui, ha detto, sono saltati gli equilibri, come se fosse un azzardo schierare due attaccanti pure col Lussemburgo, i cui giocatori facevano le foto ricordo con gli Azzurri in zona mista.
E se ancora Prandelli ha strigliato per scarso impegno i senatori entrati nell’ultima mezzora contro il Fluminense: quella mezzora che Cassano dovrebbe garantire per cambiare passo, marcia, voglia all’Italia. Il medesimo spicchio di partita, a Londra contro l’Irlanda, era stato incoraggiante e aveva confermato il suggerimento che arriva dalle statistiche: con Antonio in campo si tira di più, e il popolo si diverte. Ma adesso che l’Italia si divide fra Balotelli e Immobile, Cassano è fuori pure dalle petizioni popolari, quando quelli del suo partito una volta facevano invasioni di campo. Il primo Mondiale, forse l’ultimo, a 31 anni, dopo una stagione di sacrifici atletici e alimentari, è l’ultimo crocevia della carriera. Al ritorno, non sa se ci saranno ancora il Parma e Donadoni per lui. Mille pensieri sotto la pioggia copiosa. Anto’, vieni via da lì, adesso.
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