La Roma europea vince al terzo appuntamento del mega girone voluto dall’Uefa. Alzi però la mano chi è rimasto non diciamo soddisfatto, ma che ha visto progressi nell’evoluzione di una squadra che fa una maledetta fatica a essere tale, al di là delle carenze strutturali della rosa, di un inizio di stagione in cui la società, almeno quello che resta, ha fatto una serie di errori che neppure volendolo ci sarebbe riuscita così bene. Su questo - scrive Piero Torri su 'La Repubblica' - ci si augura che a Trigoria si stiano interrogando. Avendo come obiettivo quello di provare a cambiare una tendenza che al momento non garantisce nessun orizzonte. Perché la vittoria contro le riserve della Dinamo Kiev, tutto è stata meno che la luce in fondo al tunnel. Questa Roma così non funziona, lenta, piatta, con poche e confuse idee, fa una grande fatica a segnare e a mettere in condizione le sue punte (che poi è una) di tirare verso la porta. Non può essere sufficiente dire, dopo, però contro gli ucraini ha vinto ed è questo che conta. Juric, in questo senso, dovrebbe essere il primo a rendersene conto. Cercando di capire che l’integralismo tattico a cui finora si è consegnato, può portarlo solo a salutare anzi tempo rispetto alla naturale conclusione del contratto. Juric, adesso, dovrebbe rendersi conto che c’è bisogno di qualcosa di nuovo. Un modulo tattico diverso. Quattro difensori (quei pochi esterni presentabili sono più giusti a quattro), un centrocampista in più, un trequartista in meno, una punta in più. Ovvero quattro-tre-uno-due. Peggio di così non può andare.
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La Repubblica
Roma, conta vincere ma spesso non basta. Juric cambi modulo
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