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La Repubblica

Le dimissioni di Souloukou e l’altra realtà dei Friedkin

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Le dimissioni della Ceo greca nella mattinata di ieri non hanno diminuito i toni della contestazione all'Olimpico: mai il pubblico era stato così lontano dalla presidenza americana
Redazione

Mancano cinque ore all'esordio in panchina di Ivan Juric, subentrato da pochi giorni a Daniele De Rossi. Scrive Marco Juric su La Repubblica, cos'altro può succedere in questo inizio di stagione della Roma, già destabilizzato dall'esonero di una bandiera? Il pranzo è servito: le dimissioni del Ceo Lina Souloukou. Arrivate con uno scarno comunicato dei Friedkin: "Ringraziamo Lina per la sua dedizione in una fase particolarmente critica per il club e le auguriamo il meglio per le sue future sfide professionali". Nella scelta della dirigente greca ha di certo pesato il clima ostile che da alcuni giorni ruota attorno alla proprietà e l'ha vista coinvolta in alcuni striscioni comparsi fuori da Trigoria. Tali da portare la prefettura a mettere sotto tutela lei e i suoi due figli. "L'ho saputo da Sky mentre ero a pranzo. Mi dispiace, sono state situazioni familiari, i figli sono al primo posto, mi dispiace umanamente per lei, è un momento molto difficile" ha raccontato il tecnico in tv.

Ma può bastare uno striscione a spiegare le dimissioni? A Trigoria raccontano come Lina Souloukou e i Friedkin non siano mai stati così lontani. Una distanza diventata plastica negli ultimi giorni, quando la proprietà è atterrata a Roma. Il dettagliato report di Eric Williamson (braccio destro del presidente) e i colloqui con i senatori dello spogliatoio hanno mostrato ai Friedkin una realtà ben diversa dal racconto riportato alla presidenza in questi mesi da Lina Souloukou. Dalla gestione del mercato alla questione Dybala, fino alla cacciata di De Rossi. Una triangolazione che ha portato la proprietà a scegliere un colpevole. Lei.