«Non avesse a che fare con un avversario tanto agguerrito, forse non vorrebbe nemmeno concorrere, «perché se non c’è competizione non c’è bellezza nella vittoria». Filosofia della corsa scudetto secondo Rudi Garcia, che oltre al physique du role , del pensatore ha sempre manifestato anche la capacità di sintesi.
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Garcia alza la posta scudetto: “Vinciamo noi, senza rinforzi”
Monsieur Rudi non abiura al grido “vinceremo lo scudetto”, scandito dopo il 3-2 torinese «Dicendolo sono stato un po’ allenatore, ma anche un po’ attore, come dev’essere un bravo tecnico».
Roma e Juventus, raccontate così, sembrano quasi somigliare a Martina Navratilova e Chris Evert, rivali indispensabili l’una all’altra e ispiratrici del suo manifesto: ma al sole tiepido di un ufficio di Trigoria, tra vecchie coppe e un caffè bollente, l’allenatore non rinuncia a risollevare ruggini di sfide antiche e recentissime.
Come quella del 5 ottobre scorso: «Non ho rammarico per i tre gol irregolari subiti, è il sentimento di ingiustizia che è difficile da digerire».
Altro che fair play, il bilancio del 2014 di Garcia («Non mi è piaciuto solo il primo tempo a Napoli») parte dalla ferita più dolorosa: «Perdere come è successo a Torino non lo accetterò fino alla fine della stagione e forse della mia carriera. Ma il verdetto alla fine del campionato è sempre giusto. Come in Francia o nella vita c’è sempre la sensazione che i ricchi abbiano più situazioni favorevoli. Ma non credo alla sudditanza degli arbitri, semmai alla loro grande onestà: loro però giudicano in mezzo secondo episodi che in tv rivediamo dieci volte. O si toglie la moviola, o si aiutano gli arbitri. Di certo comunque questo senso di ingiustizia ci darà la rabbia per finire davanti alla Juve».
Insomma, monsieur Rudi non abiura al grido “vinceremo lo scudetto”, scandito dopo il 3-2 torinese: «Dicendolo sono stato un po’ allenatore, ma anche un po’ attore, come dev’essere un bravo tecnico». Eppure ci crede al punto da rigettare aiuti dal mercato: «Non ho chiesto acquisti a gennaio, è raro che chi arrivi cambi gli equilibri. Ho giocatori forti con cui arrivare in fondo a tutte le competizioni». E mentre Destro riflette sull’offerta del Toro, Garcia fa pressione per tenerlo: «Per me resta. E anche Mattia, se in vacanza non ha cambiato idea, vuole restare». Ad alimentare tante certezze, un’autostima che il secondo posto dello scorso anno non ha minato, anzi: «Ovunque sia stato ho sempre ottenuto risultati al di sopra delle attese del club, finora anche qui. Non piango per avere Messi o Ronaldo, sono stato scelto per la mia ambizione, i giovani li faccio giocare se sono forti, come con Hazard: sono pagato per far risultato subito. Dobbiamo migliorarci ogni anno, per costruire la Roma che vuole Pallotta non bastano 18 mesi».
Questi 18 mesi a Roma sono bastati a Garcia per innamorarsi di Francesco Totti: «Non ho mai avuto un giocatore così. Quando smetterà dovremo garantirgli un’uscita all’altezza del suo talento, con delle vittorie: sarà una scelta principalmente sua ma non soltanto». Da Totti a De Rossi il passo è breve: «Daniele sa fare tutto, ha avuto un momento difficile, ma gli siamo stati vicini: se sta bene sul piano mentale è fondamentale, è uno che a 31 anni ha già 100 gare in Nazionale».
Nazionale, ecco. Per un francese, quanto succede intorno alla maglia azzurra deve sembrare incomprensibile: «Da noi tutti tifano per la Selezione, invece da voi non tutti i tifosi di club sostengono l’Italia». Una ricetta per aiutare gli azzurri Garcia ce l’ha: «Solo qui il campionato inizia a fine agosto: se si anticipasse si avrebbero 20 giorni a fine stagione per la Nazionale, meglio degli stage». Deve averne parlato anche con il ct Conte, con cui il dialogo è continuo: «Molto positivo che sia venuto a conoscere tutti gli allenatori e che i suoi preparatori parlino con i nostri: una cosa di buon senso che non capita sempre». Eppure il ct, come Prandelli, lamenta giocatori poco allenati: «Ma ci sono tanti impegni, serve un equilibrio. E mi pare che i miei aiutino eccome».
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