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La disperazione del padre di De Santis: “Mio figlio giura: non ho sparato a Ciro”

Dopo la morte di Ciro Esposito, c'è disperazione nella casa di Daniele De Santis, accusato di aver premuto il grilletto nei confronti del giovane napoletano.

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Quando ci presentiamo al palazzo dove vive la famiglia De Santis — i genitori, il fratello Alessandro e, fino a 12 anni fa, anche Daniele — l’accoglienza non è di quelle da tappeto rosso. Al citofono ci liquidano con un: «ai giornalisti non abbiamo niente da dire». Insistiamo.

E ci presentiamo al primo piano della palazzina del quartiere Monteverde che fa parte di un comprensorio enorme. A partire da ieri pomeriggio hanno garantito alla famiglia che ci sarà una vigilanza sotto casa per evitare rappresaglie contro di loro. Ad aprirci la porta, con diffidenza, è la mamma di Daniele, la signora Franca. Che non smette di piangere un solo momento, dall’inizio alla fine del colloquio con noi. «Mio marito stava sul letto, si sta infilando i pantaloni e arriva». Prende un mazzo di chiavi e si chiude alle spalle la porta di casa. Dentro ci sono due molossi ed è meglio parlare sul pianerottolo. Qualche minuto e ci raggiunge Ivo De Santis. Sono da poco tornati dal Policlinico Umberto I, hanno parlato con Daniele che da lì, dopo la morte di Ciro Esposito, è stato trasferito in carcere con un capo d’imputazione che da tentato omicidio è diventato omicidio.

«Adesso noi, dopo quello che è successo, assolutamente non vogliamo parlare coi giornalisti», dice Ivo, per 50 anni istruttore di Karate, sguardo puntato dritto negli occhi del suo interlocutore, come a dire, “non ce n’è, state solo perdendo tempo”. Prosegue la moglie, Franca, mentre lui continua a scrutarci dalla testa ai piedi. «Qui sotto ci metteranno le guardie a controllare che non ci succeda nulla. Siamo stati all’ospedale da mio figlio e c’erano 20 poliziotti a piantonare la sua stanza. Non rilasciamo nemmeno mezza dichiarazione perché bisogna vedere prima quello che è successo». Andiamo con ordine.

Chi è Daniele De Santis?

«E’ un ragazzo buono», dice la madre. Ma subito Ivo le ruba la parola: «Ma quale buono, quello è uno stronzo, che ha preso le botte da tutto il mondo…fosse venuto una volta a dimme “papà m’hanno menato”. Che poi ce pensavo io, invece no. Se l’è prese sempre tutte».

Ma Daniele cosa vi ha raccontato di quel pomeriggio di follia?

«Lui ha detto che gli hanno menato, poi non se ricorda più niente… poi quel taglio che c’ha qui (indicando il sopracciglio, ndr), il giudice ha detto che è stato il calcio di una pistola che gliel’hanno sfonnato in testa. La pistola ce l’avevano in mano l’artri. Non Daniele».

Quando arrivarono al Ciak i tifosi del Napoli, Daniele dov’era?

«Lui c’ha le chiavi del cancello del centro Ciak, dove l’hanno picchiato. Quando ha visto che stavano arrivando, s’è fatto accompagnare per un pezzo da uno che lui non riesce a camminare perché è zoppo dopo un incidente col motorino, ha cercato di chiudere il cancello col lucchetto, c’erano due squadre di bambini che giocavano al campo di pallone lì. Ha visto e capito quello che stava succedendo e che ci sarebbero state le botte e allora ha cercato di chiudere coi lucchetti per non fare entrare quei tifosi lì dentro. Ha capito?».

Lui ha sostenuto con gli inquirenti di non aver sparato. A voi cosa ha detto?

«Lui ha sempre detto a noi che non c’entra niente e che non ha mai sparato. L’abbiamo spinto a parlare che crede che la passava così senza darci spiegazioni a noi? E lui ha detto: “A pa’ quanno m’hanno acchiappato io non ho visto più niente”. Mio figlio non aveva la pistola. E se voleva fa’ una cazzata di rissa se sarebbe messo una scialletta in faccia quantomeno, non pensa? Invece no, a volto scoperto era. Un jeans e ‘na maglietta, così tutto sbracciato».

E se suo figlio, signor Ivo, le avesse mentito?

L’uomo prima di rispondere dà un pugno contro la porta di casa. «Io ve dico la verità: se mio figlio l’ha ammazzato facesse 30 anni di carcere. Mio figlio ha detto: “Io non sono stato papà”. E basta. E io ce credo. Poi tireranno fuori le prove e vediamo ‘ste prove e se mi fijo m’ha detto una cavolata… quanto è vero Dio ce penso io a lui. Ma non è mai successo da quando è nato. A me quando lo guardo me parla, pure co l’occhi me parla».

Un pensiero ora da genitori a genitori. Alla mamma di Ciro, cosa volete dire?

Scoppiano in lacrime entrambi. «Quello è come se fosse mio figlio, me sta a capì?», dice Ivo. Ora è Franca che gli parla sopra: «Non ci stanno parole per quella donna. È da ieri che piango per quella donna e per quel ragazzo che non doveva morì. Spero che trovino il colpevole al più presto».