rassegna stampa roma

Quando l’importante è non saper dove si va a parare

(Il Romanista – V.Cerami) Noto che quando i nostri calciatori si trovano a pochi metri dal portiere avversario, spesso, falliscono la botta finale e gli fanno fare bella figura. Tutto fila più o meno liscio fino a quando un nostro...

Redazione

(Il Romanista - V.Cerami) Noto che quando i nostri calciatori si trovano a pochi metri dal portiere avversario, spesso, falliscono la botta finale e gli fanno fare bella figura.

Tutto fila più o meno liscio fino a quando un nostro calciatore si trova a due passi dalla porta, e qui sono più le volte che il giocatore sbaglia. Perché? Forse perché l’istinto cancella la ragione, non le offre il tempo di mettersi in moto. È una questione di automatismi: in ogni situazione propizia che capita davanti alla porta, l’istinto propone, a chi deve far gol, una soluzione data, prestabilita, quella che sembra più sicura, come scritta sui manuali di calcio. Il guaio è che il portiere, a sua volta, ha messo a punto un istinto uguale e contrario, una controindicazione altrettanto meccanica, automatica. Egli prevede il comportamento dell’avversario perché conosce il suo istinto, uguale per quasi tutti i calciatori. Sarebbe quindi opportuno lavorare non solo sul fisico dell’atleta e sulla tattica di gioco, ma anche sulla disposizione naturale sotto porta.

L’obiettivo è sorprendere il portiere con un comportamento non codificato, imprevedibile. Si tratta quindi di lavorare su meccanismi che durano solo qualche frazione di secondo, sicuramente difficili da mettere in atto in quanto “non-naturali”. Per questa ragione bisognerebbe che i calciatori si esercitino anche tentando di agire sul proprio istinto, modificandolo. Ho scritto centinaia e centinaia di storie, con i libri, col cinema, col teatro, con i fumetti. Scrivere un testo è costruire una trama che porta a un finale. Il mio compito non è poi così diverso da quello di Zeman. Anche lui costruisce trame per arrivare al gol, e subirne il meno possibile. Per ogni narratore il finale è il frutto di una lunga elaborazione, di uno stile di scrittura che porti a un finale insieme logico e inaspettato. Quante volte mi è sembrato di trovare, istintivamente, la soluzione giusta, il finale più ovvio! Ma quasi sempre mi accorgevo che era scontato, lungamente sperimentato, prevedibile, vecchio.

Il portiere di calcio, come un bravo lettore, sa dove la storia va “a parare”. E invece non deve saperlo se lo si vuole beffare. Non so come, concretamente, un calciatore può esercitarsi manovrando la palla a ridosso della porta avversaria e scoccare il tiro finale nel momento e nell’angolo che il portiere non si aspetta. Bisognerebbe conoscere a fondo i suoi marchingegni mentali. (...). Ma quante volte il talento non emerge solo perché non si è cercato di scovarlo! Fallire un gol che sembra già fatto è frustrante e scoraggiante per tutta la squadra. Che si è sforzata per mettere finalmente un giocatore solo davanti al portiere. Mi chiedo, si può lavorare sull’istinto del calciatore che si mette in moto nel momento di tirare in porta? Io penso che la genialità non è solo dello sciamano, si può guadagnarla con l’esercizio, la volontà e l’esperienza. Chi sa se questo vale anche per il gioco del pallone.