(Il Romanista - V.Meta) Se glielo dicessero adesso, magari si metterebbe a ridere. Se gli dicessero che c’è solo una squadra (il Chievo, suo primo avversario in Serie A) alla quale ha segnato più gol che all’Inter, probabilmente Mattia Destro non raccoglierebbe la provocazione, semmai ribatterebbe che in campionato è ancora a secco e sarebbe ora di cominciare. È una di quelle storie che danno da pensare, quella di Destro e dell’Inter: sposi promessi per tutta l’adolescenza, poi a Milano si invaghiscono di Andrea Ranocchia al punto da essere disposti ad abbandonare il giovane fidanzatino a Genova pur di averlo. Sabato sera all’Olimpico Destro e Ranocchia difficilmente si incontreranno, visto che il difensore è diventato la seconda riserva di Juan Jesus e che negli ultimi anni le cose migliori le ha fatte vedere quando Stramaccioni lo mandava a fare il centravanti.
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Destro il principe, non Ranocchia
(Il Romanista – V.Meta) Se glielo dicessero adesso, magari si metterebbe a ridere.
Altra storia nella storia, quella con l’ex tecnico nerazzurro. Quando allenava i Giovanissimi della Roma, fece carte false per fare di Mattia il centravanti della squadra in cui giocavano, fra gli altri, Florenzi e Bertolacci. Il papà Flavio andò a parlare con la società, avrebbe voluto una panchina nelle giovanili ma la Roma non lo accontentò, l’Inter invece gli offriva la Berretti del Montichiari e si portò Mattia a Milano. Destro mette subito la firma sullo scudetto Giovanissimi Nazionali, due anni dopo rischia di incontrare la Roma nella finale del campionato Allievi, ma i ’91 incappano nella maledizione della terza partita e vanno fuori con il Parma. Fra i compagni in nerazzurro ci sono Obi, Caldirola e il pupillo di Mourinho Davide Santon. Esordiscono tutti in prima squadra tranne lui, che pure chiude il suo ultimo anno in Primavera da capocannoniere del torneo, mettendosi alle spalle tutti, da Immobile in giù. Mattia ci rimane male, ma se ne fa una ragione: è l’anno del triplete, trovare spazio per un attaccante è difficile. In estate lo mandano a Genova, prestito con diritto di riscatto sulla metà, che Preziosi esercita già a gennaio nell’ambito dell’affare Ranocchia.
Destro, che nel frattempo ha bagnato l’esordio in Serie A con un gran gol, comincia a chiedersi se a Milano credano davvero in lui. Chiude la stagione con 16 presenze e 2 gol, oltre alla maglia da titolare in Under 21. Quanto basta per meritarsi il ritorno alla sposa promessa? Macché. Quando Preziosi riscatta l’altra metà del suo cartellino, l’affare fa notizia. Mattia non dice niente, ma ha tutte le ragioni per sentirsi tradito: dopo sei anni a sentirsi dire che San Siro sarebbe stato il suo stadio, diventa chiaro che ci metterà piede solo da avversario. Non gli resta che prepararsi per quando costringerà Moratti a rimpiangerlo. Non deve aspettare molto: 30 partite e 12 gol nel Siena sono più che sufficienti a far innamorare Milan, Juventus, Roma e la stessa Inter, sulla cui panchina nel frattempo, complice una partita epica della Primavera contro l’Ajax, è approdato nientemeno che Andrea Stramaccioni. Solo che gli anni sono passati e adesso il suo principale sponsor in tempi non sospetti qualche dubbio ce l’ha: non sul piano tecnico, ovviamente, piuttosto su quello dell’opportunità, anche perché da marzo in poi Destro non ha perso occasione per lanciare messaggi d’amore alla Roma (il primo proprio rispondendo a una domanda del Romanista), dove gioca l’amico e compagno d’azzurro Fabio Borini e dove, a giugno, torna Zdenek Zeman, reduce dal trionfo di Pescara.
Sabatini fa sul serio, i contatti con Preziosi, favoriti dall’ottimo rapporto fra le due società, cominciano presto, anche se per chiudere c’è da passare attraverso il riscatto dal Siena, che non è disposto a fare sconti. L’Inter, indicata per mesi come la principale rivale dei giallorossi per Destro, in realtà ci prova seriamente solo in extremis, quando interviene Moratti in persona. Troppo tardi, la trattativa con la Roma è faticosa ma ben avviata e alla fine di luglio l’affare si chiude. «Se l’Inter mi rimpiange? Ah non lo so, chiedetelo a loro», dice Mattia dribblando un accenno di polemica. Quando rimette piede a San Siro, sembra la scena madre di un’epopea: è il 2 settembre 2012, sulla panchina nerazzurra c’è Stramaccioni, su quella giallorossa Zeman. Florenzi segna il suo primo gol in Serie A all’allenatore che è stato il suo maestro ai tempi degli Allievi. Zeman, di cui Strama ha più volte parlato come di un maestro, impartisce al giovane avversario una lezione di calcio che difficilmente dimenticherà. Sarà difficile dimenticarla pure per i romanisti, anche perché di serate così ce ne saranno poche altre nella scorsa stagione, ma questa è un’altra storia. Sembra la partita perfetta per la rivincita di Mattia, che invece non segna e rimanda tutto al 2013, quando trascina la Roma alla finale di Coppa Italia segnando all’Inter sia all’andata all’Olimpico (prima di farsi male al ginocchio e dare inizio a nove mesi di tormenti) sia al ritorno al Meazza, dove non si accontenta e ne fa addirittura due. Stramaccioni scuote la testa, ma di tutto lo stadio è lui quello che da più tempo sa quant’è forte quel ragazzo. Moratti guarda in silenzio, magari qualche rimpianto si affaccia pure, ma è troppo tardi e certe delusioni sono troppo difficili da perdonare. Quando ne parla adesso, dei suoi trascorsi all’Inter, Destro non ci mette rancore. Figuriamoci ora che ha una media gol da far invidia a mezza Europa e la prospettiva di completare la sua rivincita in campionato. Hai visto mai dovesse giocare Ranocchia, poi…
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