(Il Romanista - V.Meta) - Dieci anni dopo, si torna a fare sul serio. De Rossi-Germania è un racconto d’inverno cominciato in riva al mare, ma un racconto in cui la pagina più bella di tutte è rimasta bianca.
rassegna stampa roma
Daniele, Lahm e il fattore V
(Il Romanista – V.Meta) – Dieci anni dopo, si torna a fare sul serio. De Rossi-Germania è un racconto d’inverno cominciato in riva al mare, ma un racconto in cui la pagina più bella di tutte è rimasta bianca.
Da Viareggio a Varsavia passando per Firenze, dieci anni e le stesse maglie, la Roma e la Nazionale: Daniele De Rossi è ancora lì e se alla conferenza stampa della vigilia risparmia qualche sorriso è solo perché lui e questa partita hanno passato troppo tempo a rincorrersi. Oltre ai ct, il giorno prima della sfida che deciderà la seconda finalista dell’Europeo hanno parlato due soli giocatori, De Rossi e il capitano dei tedeschi Philip Lahm. Avversari di vecchia data, i due, visto che la prima volta che si sono incontrati dovevano ancora compiere diciannove anni e difficilmente avrebbero immaginato di potersi ritrovare su ben altri palcoscenici a giocarsi molto più di un Torneo di Viareggio. L’edizione 2002 è passata alla storia come una delle peggiori per la Roma, con i giallorossi di Bencivenga tornati a casa già dopo il girone di qualificazione con un solo punto in tre partite.
Che non sarebbe stata una spedizione fortunata si capisce fin dall’esordio: il 30 gennaio allo Stadio dei Pini c’è il Bayern Monaco e ai giallorossi non basta una rete di Pepe per evitare la sconfitta per 2-1. Bastian Schweinsteiger De Rossi se l’era trovato di fronte per tutta la partita, Philip Lahm invece giocava - allora come oggi - sulla fascia. I tre si sarebbero ritrovati quattro anni più tardi a Firenze, nello stadio della prima panchina in Serie di De Rossi. Stavolta le maglie sono quelle delle rispettive nazionali e la Germania che si prepara a ospirare il Mondiale ne prende addirittura quattro: il secondo lo segna De Rossi. È la prima e l’ultima volta che gioca contro i tedeschi, perché in Italia-Germania di Dortmund, quella che ha spalancato agli azzurri le porte della finale di Berlino, avrebbe potuto al massimo essere il primo ad abbracciare Fabio Grosso e in pochi potevano sapere quanto per lui quel gol fosse una liberazione quasi più che per tutti gli altri.
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