rassegna stampa roma

Tommasi: «Altro che ignoranti Calciatori pronti a comandare»

Il presidente dell'Assocalciatori non ci sta «Sono ragioniere, come Tavecchio, ma per la laurea c’è ancora tempo. Anche se con cinque figli...».

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Pensate a giocare, ignoranti. Un po’ brutalmente, ma è questo il concetto espresso dal presidente della Lazio Claudio Lotito («Ora parla pure De Rossi: i dipendenti dovrebbero fare i dipendenti») e dal numero 1 del Coni Giovanni Malagò («Negli altri sport gli atleti studiano, nel calcio no»). Parole che rimbombano fragorose alla vigilia delle elezioni federali. 

Non ci sta Damiano Tommasi, scudetto con la Roma nel 2001 e 25 presenze in nazionale, a 40 anni ancora in campo — in 3ª divisione nel Sant’Anna di Alfaedo («Hanno ridotto le dimensioni del campo per venirmi incontro», scherza) — e dal 2011 presidente dell’Associazione calciatori. 

«Mi va di ricordare che il fondatore ed ex presidente dell’Aic, Sergio Campana, è laureato in giurisprudenza». 

Anche lei ha studiato. «Sono ragioniere, come Tavecchio, ma per la laurea c’è ancora tempo. Anche se con cinque figli...». 

Dunque, i giocatori possono parlare. «Lotito può dire quello che vuole, ma gli ricordo che dal 2000 i calciatori hanno diritto di voto, per delega. E magari potessero votare tutti...». 

È vero che il calcio italiano è così ignorante? «Macché, a livello sindacale europeo siamo tra i più autorevoli e competenti. Certo c’è molto da fare e lo stiamo facendo, attraverso iniziative e corsi sul dopo carriera, management, istituzioni, rapporti con il mondo esterno. E ora siamo arrivati a candidare un ex giocatore a presidente federale». 

Che parte da sfavorito però... «Fino a due settimane fa Tavecchio era dato vincente al 100 per cento, ora la partita va giocata. E l’esito non è così scontato, anzi». 

Che cosa deciderà? I soldi, le riforme, le simpatie, che cosa? «Il coraggio. Ci vuole molto coraggio nel segreto dell’urna. Con Albertini abbiamo dato un’alternativa». 

Sta invitando a votare Demetrio? «Sarebbe un salto di qualità, un segnale forte per il nostro calcio, anche all’estero». 

Si creerebbe però uno scenario difficile da gestire. «Diciamo pure ingarbugliato, ma sarebbe un punto da cui ripartire, se davvero vogliamo cambiare qualcosa. Attenzione, Albertini non sarebbe un presidente di parte, ma il presidente di tutti. Perché il senso è che ognuno di noi deve togliersi idealmente la propria maglietta e indossare la casacca della nazionale». 

E l’azzurro dona più ad Albertini che a Tavecchio... «Chiunque venga eletto dovrà fare il presidente di tutti. Ci si dovrà accomodare a un tavolo, condividere, progettare, rinnovare». 

Dopo Perrotta, De Sanctis è pronto a sedersi nel consiglio federale e Albertini rischia di diventare presidente di tutto. È la riscossa dei calciatori, altro che ignoranti. «Non parliamo di riscossa, ma di un modo moderno di gestire il calcio. Se ci teniamo».