«Partiamo dallo stadio, dai numeri però. Per fare un confronto con altre centralità autorizzate prima del Piano regolatore: a Ponte di Nona la quota di interesse pubblico è stata di 52 euro a metro cubo, il sette per cento del totale, e a Porta di Roma del sei per cento, 42 euro al metro cubo. Con Tor Di Valle noi abbiamo raddoppiato la proposta iniziale, siamo al 26 per cento di interesse pubblico, 345 euro a metro cubo». Ma rimane il fatto che la proprietà di Tor Di Valle è di James Pallotta. «Ma la legge sugli stadi si basa sull’accordo con la società, e quindi se si rompe l’accordo tra la società dello stadio e l’As Roma, chi ha proposto lo stadio dovrà pagare al Comune una penale che sarà calcolata sul contributo straordinario, 167 milioni».
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Stadio Roma, privati e riqualificazione della città «Due miliardi di investimenti»
"In piena estate abbiamo ricevuto più di cinquanta proposte di privati per trasformare immobili dentro alla città. Se solo andrà in porto il dieci per cento delle proposte arriveranno cinquanta milioni, se tutte andranno a dama i milioni...
Sabato, primo pomeriggio, l’assessore alla Trasformazione urbana, Giovanni Caudo, parla «nel merito» dello stadio della Roma e anche di quello che vorrebbe costruire il presidente della Lazio, Claudio Lotito; immagina il futuro dell’Olimpico e complessivamente vuole spiegare nel dettaglio le scelte di un’amministrazione che, per quel che riguarda l’urbanistica, ha fatto discutere prima ancora d’insediarsi.
E ripercorre una strada tutta in salita, con i «poteri forti» della città a guardarlo di traverso. «Abbiamo avviato un processo, fermato quella che Cederna chiamava l’infezione dell’agro romano, con la cancellazione degli ambiti di riserva, ben 2.300 ettari potenzialmente edificabili; abbiamo segnato una linea rossa tra città costruita da trasformare e agro romano da salvaguardare. Abbiamo sbloccato le caserme e liberato la città da ristrutturare».
Caudo, belle le parole: «Fermare l’infezione» e citare Cederna fa sempre effetto. Ma lei ha tra le mani partite che valgono parecchi soldi... «In piena estate abbiamo ricevuto più di cinquanta proposte di privati per trasformare immobili dentro alla città. Se solo andrà in porto il dieci per cento delle proposte arriveranno cinquanta milioni, se tutte andranno a dama i milioni saranno 500. In questi mesi abbiamo programmato con atti, di giunta e di consiglio, interventi importanti: solo i tre più noti — lo stadio, Guido Reni, il Pru di Tor Bella Monaca — ammontano a oltre 2 miliardi di investimenti: porteranno benefici pubblici quantificabili, a oggi, in 500 milioni. La maggior parte da investitori stranieri. Ciò significa che stiamo innovando anche nel modo di trovare risorse. E il nostro pallino è soprattutto uno: creare le infrastrutture nella metropoli già costruita. Ma soprattutto, adesso, abbiamo riorientato l’interesse: dalla rendita fondiaria, alla ricapitalizzazione dei beni. Esempio, la caserma Guido Reni: ci sono 43 milioni per Roma, si produce ricchezza e la si distribuisce sul territorio».
Per tornare all’Italia, invece, c’è chi fa notare che lo stadio della Juventus... «Esempio che è meglio non fare. Le opere di urbanizzazione di quell’impianto le abbiamo pagate anche noi romani, con i soldi per i mondiali prima, e con quelli delle Olimpiadi invernali poi. La Juve ha avuto l’area in concessione, ha costruito lo stadio e ha ottenuto una variante di 42 mila metri cubi per un ipermercato».
La Lazio, intanto, aspetta: si è detto che il progetto di Lotito non andava bene perché voleva costruire un milione di metri cubi, che poi è più o meno la stima delle cubature giallorosse... «Ci sono tante aree da trasformare, Lotito lasci stare le case su terreni agricoli, visto che la legge sugli stadi non consente di realizzare residenze. Pallotta farà uffici in un’area edificata ed edificabile, che aspetta infrastrutture da tempo: lo dico senza polemica ma non è una differenza da poco. Noi siamo pronti a esaminare la proposta di Lotito con lo stesso rigore e nei tempi garantiti a Pallotta».
Dell’Olimpico cosa sarà? «Ho incontrato Giovanni Malagò, ne abbiamo parlato, lui ha idea di collegarlo con il Flaminio. Sarà un’altra sfida...».
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