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La Roma ritrova l’umiltà, il Napoli la presunzione. Alla fine decide Pjanic

Il centrocampista bosniaco ha segnato un gol bello e pesante, che può valere 30 milioni

Redazione

Ha vinto chi ha saputo difendersi in undici, quando ce ne è stato bisogno, e chi ha voluto percorrere sempre quel metro in più per aiutare il compagno in difficoltà, come aveva chiesto Rudi Garcia alla sua Roma. Ha perso chi continua a considerare il calcio con un pizzico di snobismo, elenca statistiche che a volte lasciano il tempo che trovano e non riesce mai a fare il definitivo salto di qualità. Il Napoli di Rafa Benitez ha preso tutti i pregi e tutti i difetti del suo allenatore. Non vince in campionato da cinque giornate, ha perso le ultime quattro gare in trasferta di fila e sembra avere una doppia personalità: una da campionato e una da Coppe. La Roma non vinceva in casa dal 30 novembre 2014, quando aveva battuto l’Inter per 4-2. L’Olimpico era diventato un tabù e anche ieri il clima non è stato dei migliori. Lo stesso Garcia ha ammesso che adesso, per la sua squadra, è diventato più facile giocare in trasferta. Eppure la Roma è seconda in campionato e ha 9 punti di vantaggio sul Napoli, che ieri aveva una panchina infinitamente più performante di quella giallorossa. Benitez ha potuto sostituire Callejon, Higuain e De Guzman con Gabbiadini, Zapata e Insigne, tenendo fuori Hamsik per 90’. Garcia, invece, poteva solo contare gli assenti: Totti, Gervinho, Keita, Strootman, Maicon e Castan. Ecco perché il Napoli aveva un’occasione unica per rientrare nel giro Champions League e perché la vittoria della Roma è qualcosa in più dei semplici tre punti.

C’è un dato che, più di tutti gli altri, dimostra il lavoro che Garcia è riuscito a fare nel preparare questa gara e Benitez no. La Roma, per la prima volta in questo campionato, ha fatto registrare un possesso palla inferiore al 50% (46,5% totale, solo il 32,7% nel secondo tempo). La squadra ha giocato un calcio diverso dal solito, ma ha dato tutto quello che aveva in corpo, compresi quelli come Iturbe, che ha sbagliato tanto ma si è battuto sempre, o come Ljajic, che si è sacrificato per 90’ in un lavoro incessante anche in fase difensiva. De Sanctis e Manolas sono stati decisivi, ma per loro è stato un po’ più semplice: hanno fatto il lavoro abituale.

Discorso a parte per Miralem Pjanic, che ha segnato un gol bello e pesante, che può valere 30 milioni. Ai più vecchi ha ricordato quello di Gianni Rivera in Italia-Germania 4-3, un colpo di piatto per prendere il portiere in controtempo. Pjanic è nel mirino di molti critici e altrettanti tifosi perché considerato discontinuo e perché ieri ha esultato polemicamente dopo il gol. Ma se il problema della Roma è un giocatore di 25 anni, di classe, capace anche di sacrificarsi giocando spesso sul dolore come gli è successo quest’anno...