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Il Corriere della Sera

Ranieri: “Spiace per De Rossi, aveva avviato un progetto. Voglio tornare ad allenare”

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Ora a tentarlo potrebbe tornare la Roma in crisi, magari con un ruolo diverso. Ma questa è un'altra storia. Su cui Ranieri, per mille motivi, non ha niente da dire
Redazione

Claudio Ranieri, ex giocatore e allenatore dei giallorossi, è tornato a parlare della Roma e di De Rossi in una lunga intervista al Corriere della Sera di Alessandro Bocci. Queste sono state le sue parole:

Claudio Ranieri qual era il suo sogno di bambino?

"L'ho realizzato: fare il calciatore".

E, magari, da grande l'allenatore?

"A quello sinceramente non avevo pensato. Quando Gianni Di Marzio, che mi aveva avuto come difensore prima a Catanzaro e poi a Catania, mi ha suggerito la panchina della Vigor Lamezia, non ero troppo convinto. E invece...".

Invece si è appassionato.

"Mi volevano allenatore- giocatore ma ho subito messo le cose in chiaro: se dovevo cominciare una nuova vita, era inutile aspettare...".

Facciamo un passo indietro. Suo papà aveva una macelleria nel cuore di Testaccio.

"Sì, ero l'ultimo di quattro fratelli e a volte, come tutti, davo una mano in negozio.

Ma meno degli altri. Passavo le giornate all'oratorio che, a quei tempi, sostituiva la scuola calcio. Messa, pane e marmellata e poi finalmente il pallone. Giocavo anche a basket e pallavolo, tutto tranne il tennis, che non mi piaceva. Poi sono entrato nella Dodicesimo giallorosso, una squadretta sovvenzionata dalla Roma. Ero bravino, facevo l'attaccante e a un provino il mago Herrera mi scelse per la Roma, la squadra del mio cuore".

Ma non è stato facile...

"Per niente. Ho cominciato con la Primavera ma nelle partitelle del giovedì, contro due difensori come Bet e Santarini, non la vedevo mai. Così ho deciso di mettermi in difesa ed è stata la mia fortuna".

Alla fine ha quasi vinto uno scudetto. Forse, quel campionato, perso in volata con l'Inter di Mourinho, è il cruccio più grande della sua carriera.

"Sino a un certo punto. Sono pratico e fatalista. È vero che, per come si erano messe le cose, potevamo farcela. Però nessuno ricorda mai che sono arrivato a campionato iniziato e ho fatto più punti dell'Inter. Eravamo in testa, ma abbiamo perso in casa 2-1 con la Samp, una partita che doveva finire 3-0. Il calcio è così. Della Roma mi resta il cuore gonfio della mia gioia di essere romanista".

Alla Roma ha sostituito De Rossi e Totti all'intervallo di un derby. Ha rischiato grosso...

"Ma poi abbiamo vinto. Erano troppo coinvolti e così ho responsabilizzato la squadra".

Daniele è diventato un allenatore.

"Non me lo sarei immaginato. E un mestiere particolare. La prima dote che serve è la pazienza. Mi spiace che lo abbiano esonerato, aveva avviato un progetto".

Le liti con Mourinho?

"Mi diceva che ero vecchio e che non parlavo l'inglese. Per la verità, oltre all'inglese, parlo anche francese e spagnolo, le lingue dei Paesi in cui ho allenato. Ma quando sono andato all'Inter siamo diventati amici. Non so come sia successo, forse gli hanno raccontato come ero e come allenavo. Così quando mi hanno mandato via dal Leicester, lui che era al Manchester United, si è presentato in sala stampa indossando una maglietta con le mie iniziali: C.R."

Quando ha lasciato Cagliari a fine maggio ha detto: sarà il mio ultimo club. Si è pentito?

"Confesso che ho voglia di rimettermi in discussione anche se ho già detto di no a più di una proposta. Vediamo se arriva la chiamata di una Nazionale. Non quella italiana: ho la massima fiducia in Spalletti".

Ora a tentarlo potrebbe tornare la Roma in crisi, magari con un ruolo diverso. Ma questa è un'altra storia. Su cui Ranieri, per mille motivi, non ha niente da dire.