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Gervinho: ”Non ho nessun segreto, gioco il mio calcio libero”

(Corriere della Sera – L.Valdiserri) Gervais Yao Kouassi, per tutti Gervinho, ha un dono innato, nel calcio e nella vita: la semplicità. Parla come gioca, in modo diretto.

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(Corriere della Sera - L.Valdiserri) Gervais Yao Kouassi, per tutti Gervinho, ha un dono innato, nel calcio e nella vita: la semplicità. Parla come gioca, in modo diretto.

Sembra facile e in realtà fa qualcosa di difficilissimo. Salta l’avversario in campo con la tecnica dello street football: prova a prendermi, se ci riesci. Racconta quello che ha intorno con la stessa leggerezza, dicendo le cose semplici ma sagge di chi ne ha viste tante e ha imparato a cavarsela. Cinque gol in campionato e 3 in Coppa Italia, 3 rigori procurati, 4 assist. È il segreto della Roma di Rudi Garcia che stasera, a Bologna, prova ad avvicinarsi alla Juve anche se Totti, Maicon, Dodò e Balzaretti sono out.

Cosa ne pensa di questo attacco: Gervinho, Drogba, Totti?

«Wow! Da sogno. Ci divertiremmo tantissimo a giocare insieme. Sono due campioni, forse gli attaccanti migliori in circolazione. Totti nella Roma e Drogba con la Costa d’Avorio: scelgo bene i miei compagni. Magari, un giorno, li riunisco per una partita di beneficenza ».

 

Riempirebbe lo stadio. Cosa si prova, invece, davanti a una curva chiusa?

«Non avevo seguito la vicenda da subito. Non sapevo bene cosa fossero questi cori di discriminazione territoriale e ho chiesto spiegazioni. Le rivalità tra città, magari, esistono da anni, però il calcio deve dare gioia. Per me è un’emozione vedere le bandiere, sentire i cori. Vorrei rivolgere un messaggio ai tifosi della Roma: abbiamo bisogno di voi, sentiamo la vostra mancanza, siete preziosi per noi in ogni partita».

L’Africa ha tanti problemi, il calcio riesce a unirla?

«La rivalità esiste anche da noi, basta pensare alla Coppa d’Africa. Però quando ci sono i Mondiali di mezzo è l’Africa la cosa più importante. Che si tratti di Camerun, Nigeria, Ghana non importa: si tifa Africa. C’è un tempo per dividersi e c’è un tempo per unirsi».

Costa d’Avorio, Belgio, Francia, Inghilterra, ora Italia. Ha fatto il giro del mondo, dove si è trovato meglio?

«Ogni esperienza è stata positiva, ho apprezzato culture diverse. Sono stato bene dappertutto, ma a Roma più che altrove mi sento a casa. Sono stato adottato dal club, dallo staff e dai tifosi. Sin dal primo giorno ho avvertito questa atmosfera ».

In Francia ha conosciuto Rudi Garcia, a Roma lo ha ritrovato cambiato?

«L’ho trovato ancora cresciuto. La vittoria dello scudetto a Lilla lo ha fatto diventare più ambizioso. Conoscevo le sue qualità, sapevo che voleva un grande club europeo e speravo che ci arrivasse. Qui a Roma lo ha trovato. Sa di dover ottenere risultati subito e chiede a tutti la massima serietà nel lavoro».

Il suo modo di giocare ha fatto innamorare tanti tifosi, non solo della Roma. Fa tornare bambini, lo sa?

«Ho uno stile particolare, speciale. Garcia me lo ripete spesso e lui conosce le mie qualità meglio di chiunque altro. Ci sono tantissimi giocatori con ottime qualità, ma è importante trovare un allenatore che sappia sfruttarle al massimo. Rudi, con me, è stato molto bravo in questo. Sa fare il bene della squadra e, nello stesso tempo, mi lascia libero. Vengo dalla strada, da una famiglia con 12 figli. Nel calcio metto quello che sono».

Le ha dato più soddisfazione battere la Lazio in campionato o la Juventus in Coppa Italia?

«La vittoria con la Lazio, nel girone di andata, è stata fondamentale perché dovevamo cancellare la delusione della Coppa Italia. Quella contro la Juve ci ha dato soddisfazione, perché venivamo da una sconfitta importante a Torino, in campionato, e volevamo dare anche noi una delusione a loro. Sono state gioie diverse: quella con la Lazio più per i tifosi, quella con la Juve più per noi».

Contro il Bologna, all’andata, ha segnato il suo gol italiano più bello?

«Sono belli quelli che fanno vincere la squadra».

Il calcio lo gioca e basta o lo guarda anche in tv?

«Guardo tutto: campionato francese, inglese e spagnolo. Quello italiano lo seguivo un po’ meno, ma adesso sì, anche per conoscere gli avversari. Imparo tante cose quando guardo le altre partite. Almeno quando riesco a strappare la tv ai miei figli: per loro c’è solo “Kirikù e la strega Karabà”. L’avranno visto duecento volte».

Abbiamo scoperto chi è capace di fermare Gervinho.