Ora, giusto prima di entrare nell’Hilton di Fiumicino per l’ultima notte degli intrighi, è il gruppo dei 9 dissidenti a fare la conta. L’urna darà la sentenza, deciderà se Carlo Tavecchio avrà o meno la sfiducia politica inseguita strenuamente (e il documento che blinda gli «anti» come minoranza è una gaffe che non vale, ma che di sicuro pesa quanto quella su Optì Pobà), però mai conquistata da Juventus e Roma, le ribelli della prima ora.
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Figc, la notte degli intrighi
L’urna darà la sentenza, deciderà se Carlo Tavecchio avrà o meno la sfiducia politica inseguita strenuamente
Che adesso si ritrovano un doppio problema da affrontare e risolvere in tutta fretta; ci proveranno già stasera dopo cena quando i presidenti e i quasi 300 delegati arriveranno a Fiumicino per occupare i cinque piani dell’albergo sede del probabile T-day: guadagnare altre firme di adesione al patto pro commissario tra i club la cui posizione è rimasta finora sfumata (alcuni dei quali politicamente pesanti, come Inter e Napoli) e, soprattutto, cercare di tenere compatto il proprio fronte che, a 24 ore dal voto, rischia addirittura di perdere qualche avamposto. Sarebbe il collasso di una rivoluzione teorizzata, sì, ma mai partita davvero.
Se il Verona è lì che ci pensa in attesa dell’ultimo giro di sondaggi, Cesena, Cagliari e pure la Samp potrebbero staccarsi dal gruppetto di ribelli per tenere fede al patto originale, cioè il 18-2 ratificato da un’assemblea di Lega. Per questo, prima di ritirarsi in pensatoio, il patron della Samp, Massimo Ferrero, ha chiesto il voto palese. Una provocazione dato che è vietato dalle norme.
Non che le cose cambino granché per Carlo Tavecchio, lui il passo indietro non lo farà comunque. Perché, a parte la A sulla quale è bene usare cautela, le altre Leghe lo sostengono eccome. E i competitor diretti (più il fantasma delle schede bianche di Demetrio Albertini) non sembrano preoccupare più di tanto dall’alto del (circa) 58% nelle intenzioni di voto. «Vincerà Tavecchio nonostante il killeraggio elettorale», sicuro Lotito. «Non è un killer chi esprime posizioni differenti da quelle di Lotito», la replica di Urbano Cairo.
Con tale maggioranza (teorica, vero, ma pur sempre massiccia) la fase di lobby degli uomini-Tav è concentrata sulla governance. Sulle poltrone, per intenderci. Azzeccare e comunicare la squadra giusta è essenziale a non disperdere un vantaggio consistente, il trono della Figc comincia ad essere visibile all’orizzonte e Tavecchio può cominciare a temere più la sua resistenza (e le sue uscite) che gli avversari. Del resto la prima bozza dei nuovi quadri, laddove cioè il presidente del Coni Giovanni Malagò aveva profetizzato sorprese, ha incontrato un ampio favore per l’assenza, almeno formale, di «cambiali da pagare»: Leghe di A e di B, rispettivamente Maurizio Beretta e Andrea Abodi, ai fianchi del presidente come suoi vice, mentre a Claudio Lotito la preziosa delega alla nazionale, un Club Italia da ripensare e da prendere in consegna proprio dal dimissionario Demetrio Albertini. Il che spiegherebbe il perché i due si sono così beccati durante la campagna elettorale.
Già, e Albertini? Ieri ha sparato le ultime cartucce della sua candidatura, una corsa nella quale si è ritrovato quasi per caso (e quasi controvoglia): «Carlo Tavecchio è stato un buon governatore nella Lega Dilettanti, non ho difficoltà a dirlo — ha detto a Sky Sport —. Non condivido però la sua vena esclusivamente commerciale e non sportiva. E ci ha messo in difficoltà a livello internazionale, è innegabile. Non siamo pronti affinché un ex calciatore possa essere presidente di tutti. La Figc di Tavecchio potrebbe essere in bianco e nero, mentre quella mia sarebbe in HD».
Ci sta, visto l’appoggio incassato da Sky. Ma, in realtà, Albertini, da potenziale protagonista potrebbe ritrovarsi fuori dalla scena. Oggi, sempre all’Hilton, si tiene l’assemblea dell’Aic e saranno eletti i consiglieri federali in quota calciatori. Serve essere stati tesserati Figc entro gli ultimi 10 anni e Albertini non rientra. Un posto su 4 è per una donna, anche Malagò è stato chiaro: Katia Serra o Patrizia Panico?
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