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Coronavirus, Maldini: “Non è una normale influenza. Ci sarà un finale di campionato”

LaPresse

La storica bandiera rossonera: "Quando si è giocata Atalanta-Valencia l’allarme non era ancora scattato, ma ora sappiamo che quella serata è una delle cause del focolaio di Bergamo"

Redazione

In un'intervista a "Il Corriere della Sera", Paolo Maldini racconta la situazione familiare dopo il suo contagio e quello del figlio Daniel dal coronavirus, Di seguito le dichiarazioni dell'attuale dirigente del Milan:

Maldini, come sta?

"Abbastanza bene. Il peggio è passato. Ho ancora un po’ di tosse. Secca, come sente. Ho perso gusto e olfatto, speriamo tornino. È stata come un’influenza un po’ più brutta. Ma non è una normale influenza".

In cosa è diversa?

"Guardi, io conosco il mio corpo. Un atleta conosce se stesso. I dolori sono particolarmente forti. E poi senti come una stretta al petto... È un virus nuovo. Il fisico combatte contro un nemico che non conosce".

Ha avuto contatti con i calciatori del Milan?

"Non li vedevo da 14 giorni. Nessuno di loro è positivo".

Anche Daniel, il secondogenito, 18 anni, è positivo.

"Sì. Anche lui vive con noi, anche lui ha dolori e febbre. Ma è talmente giovane... Mi pare che in famiglia sia quello che l’abbia presa in forma più leggera. Mia moglie e Christian hanno fatto il tampone e sono negativi. Ma siamo convinti che pure loro abbiano preso il virus, e ne siano già usciti".

Il calcio doveva fermarsi prima?

"Sì. Già giocare a porte chiuse è una violenza, per i tifosi e per i calciatori. Giocare a porte aperte Liverpool-Atletico, con 4mila tifosi madrileni sugli spalti, quando già si sapeva che Madrid era un focolaio, è stata una follia. Quando si è giocata Atalanta-Valencia l’allarme non era ancora scattato, ma ora sappiamo che quella serata è una delle cause del focolaio di Bergamo".

Quando ripartirà il calcio?

"Un finale di campionato ci deve essere, e ci sarà. Ma quando non possiamo dirlo ora. Capisco che per la gente sarebbe uno svago prezioso. Ma nel calcio è impossibile non soltanto giocare, ma pure allenarsi senza contatto. E poi è giusto mettere tutte le squadre sullo stesso piano. Alcune, come la Sampdoria, sono più colpite. Sono positivi alcuni tra i giocatori più rappresentativi della Juve".