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Il calcio si conta

Molte le squadre di A che vorrebbero un passo indietro da entrambi i candidati.

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Al mercato. Da una parte il gruppo dei nove firmatari, cioè i club (Cagliari, Cesena, Empoli, Fiorentina, Juventus, Roma, Sampdoria, Sassuolo e Torino) che hanno messo su carta la propria sfiducia verso entrambi i concorrenti nelle presidenziali della Figc, chiedendo a loro un passo indietro (compreso ad Albertini che due giorni fa era l’uomo di punta ma che Juventus e Roma non hanno esitato a silurare) e al Coni di Malagò un commissario straordinario. Dall’altra il resto della serie A più le tre altre Leghe (B, Legapro e Lnd) a sostegno di Carlo Tavecchio. Il caos sta esattamente nel mezzo, una zona grigia fatta di scambi e polemiche, retromarce e attacchi frontali, tra l’altro nel campo minato dal conflitto di interessi del calciomercato.

Lì, nella penombra, la serie A in queste ore fa la conta dei voti (e delle firme) per blindare o far saltare, a seconda dello schieramento, la corsa di Carlo Tavecchio alla poltrona più importante della Federcalcio. Che resta barricata dal patto tra Leghe e dalla ferrea volontà del candidato di andare fino in fondo al netto delle gaffe imperdonabili e, forse, della mancanza di un «physique du role» da presidente federale. Talmente protetta da indurre agli «anti» a proporre la tregua armata: «Rinviamo l’assemblea di lunedì o andiamo al voto palese, non nascondiamoci più», le richieste di Massimo Ferrero, nuovo numero uno della Samp. Anticipo di derby con Enrico Preziosi, patron del Genoa: «Cercare di cambiare le regole a due giorni dal voto significa provare a vincere truccando il mazzo». «Situazione kafkiana, si ritirino», la considerazione di Andrea Della Valle.

Però lui, l’uomo di «Opti Pobà», il passo indietro non lo contempla proprio. Mentre il suo avversario è più disponibile, ma solo se il passo sarà doble: «Non vedo perché dovrei fare io un passo indietro. Ma se Tavecchio ritirasse la propria candidatura, sarei pronto a fare altrettanto —, Demetrio Albertini su Twitter —. Se invece decidesse di proseguire nel suo cammino, significherebbe che il suo obiettivo è quello di fare esclusivamente gli interessi di una parte del calcio. Nel caso, chiedo fin da ora a tutti quelli che hanno sempre puntato a una soluzione condivisa di sostenermi nell’urna. È bene ribadire che Tavecchio ha sempre sostenuto di voler essere il candidato di tutti, ma nei fatti non lo è più».

Perché Tavecchio, in effetti, potrebbe finire sotto scacco «politico» per una Lega di A, cioè il traino economico della baracca, che fila verso l’urna di Fiumicino (lunedì) sul filo del rasoio. I retroscena, infatti, descrivono un sottobosco di telefonate, mail, contatti più o meno formali tra presidenti per cercare di spostare l’equilibrio prima del summit decisivo nelle suite dell’Hilton.

L’uscita del documento a firme congiunte ha contribuito a cristallizzare la situazione senza provocare il ribaltone auspicato, un autogol. Così i firmatari esercitano pressioni, nella migliore delle ipotesi provano con la persuasione morale, nella peggiore con quella pratica di qualche giocatore da piazzare. Pressing su Palermo, Verona, Atalanta, i club più indecisi oppure i meno schierati. «Sono inorridito dal documento che hanno fatto, sono un branco di citrulli — il colore del presidente del Palermo, Maurizio Zamparini —. Mi hanno telefonato Cairo e Agnelli, ma li ho mandati a quel paese. Questa operazione mi fa schifo, si devono vergognare». «Tralascio gli insulti — la replica di Urbano Cairo, proprietario del Torino —, gli ricordo solo che lunedì sera anche lui era disposto a firmare». In tutto questo, pare quasi che la corsa alla Figc sia solo un evento collaterale.