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Italia, Prandelli: ”La mia Nazionale rispecchia il paese: diviso e tra le polemiche ma in grado di battere i rivali più forti”

Cesare Prandelli parla a 360° della sua Italia, e non solo dal punto di vista sportivo. I Sogni, le speranze e gli obiettivi da perseguire in Brasile a meno di una settimana dal Mondiale

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"Il Commissario tecnico della Nazionale italiana, Cesare Prandelli, ha rilasciato un’intervista al settimanale 'Sette', da oggi in edicola, in cui ha parlato dell'imminente Mondiale in Brasile.

"Di seguito un estratto dell'intervista:

"Prandelli, chi vince il Mondiale?

“Il Brasile è davvero formidabile. Davanti fa paura, il centrocampo è solidissimo, la difesa forse un po’ meno. Ma sono i favoriti. Poi Germania, Spagna, Argentina”

"E noi?

“Non siamo i più forti. Ma possiamo battere i più forti”

"Il calcio rispecchia il nostro carattere nazionale?

“Certo. Siamo troppo polemici e divisi. Ma a volte nella polemica troviamo un surplus di forza e di convinzione. Reagiamo solo dopo aver toccato il fondo. Non siamo un popolo da circostanze ordinarie”

"Questo non lo è.

“E’ vero. L’uscita dalla crisi è come il dopoguerra. Il paese era distrutto. Fu ricostruito. Nessuno aveva l’automobile, ma si andava in bicicletta. E si pedalava”

"Oggi vede la stessa reazione?

“No. Oggi i giovani hanno perso capacità di sacrificio e fiducia nel futuro, non hanno il senso della sofferenza. Ma la colpa è di noi genitori. Che li abbiamo viziati troppo”

"Suo figlio Nicolò lavora con lei in Nazionale.

“Non è vero. Sono stato accusato di ‘familismo’ per questo, ma ingiustamente. Mio figlio lavora nel Parma. Si è aggregato alla Nazionale per gli Europei del 2012, e lo farà adesso per i Mondiali. Si occupa di prevenzione degli infortuni e di recupero, conduce analisi che mi sono molto utili. E mi ha anche reso nonno…”

"Noi abbonati della Juve di Trapattoni ci ricordiamo bene di lei. Com’era quella squadra?

“Tutto tranne una squadra di amici. Ma in campo diventava una falange macedone. Con un unico obiettivo: vincere”

"A qualsiasi costo?

“Sì, nel senso che dovevi andare su ogni pallone, perché ogni pallone era quello decisivo della partita. No, nel senso che con Trap e Boniperti bisognava giocare pulito. Ti insegnavano a rispettare l’avversario, a evitare atteggiamenti intimidatori. Non si davano manate o pugni o gomitate. Per questo oggi non convoco in Nazionale chi la domenica prima ha dato una manata o un pugno o una gomitata”

"Chiellini però l’ha convocato.

“Ho visto e rivisto l’azione. E non mi è parso un fallo violento”

"Lei è considerato un buono. Gli allenatori che vanno di moda oggi sono dei duri

“Nulla è più ridicolo di indossare un abito che non è il tuo. Ognuno ha il proprio carattere. Carlo Ancelotti ha allenato e vinto in Italia, in Inghilterra, in Francia e in Spagna senza cambiare il suo. Io sono molto esigente con i miei giocatori. Si può essere rispettosi e insieme esigenti”

"Quanto è rimasto male quando Conte le ha dato del maleducato?

“E’ vero, ci sono rimasto male. Poi abbiamo chiarito. I dirigenti nel calcio hanno una grande responsabilità. La Nazionale è di tutti”

"Storicamente, l’Italia del calcio non ha una sua tifoseria, anzi spesso viene contestata. Lei si è posto il problema di recuperare il rapporto tra la Nazionale e la nazione. Perché? E come ha fatto?

“Mi aveva colpito vedere la grande squadra di Lippi, i campioni del mondo, fischiata senza motivo. La Nazionale è sempre stata molto amata durante le grandi manifestazioni e dimenticata, se non avversata, nel resto del tempo, quando ognuno pensa solo alla propria squadra. Ci siamo posti il problema di ristabilire il rapporto con la gente. Di provare a essere più generosi. Non ci ha pesato, anzi, ci ha arricchito andare a giocare a Quarto e a Rizziconi, su campi sequestrati alla criminalità, o in Emilia dopo il terremoto. Ne ho sempre discusso con i ragazzi, e loro sono venuti volentieri. Anche ad Auschwitz”

"Chi sono i leader?

“Chiellini, che è riuscito a conciliare lo sport e lo studio e ha un carattere molto forte: uno che non vuole perdere neppure le partitelle. Pirlo e Buffon, i veterani: passate le cento partite, interpretano ancora la maglia azzurra con l’emozione e l’impegno dell’esordiente. De Rossi. Lo stesso Montolivo”

"Lei ha fama di domatore dei caratteri impossibili.

“Frottole. Per esempio?”

"Cassano. Come mai era uscito dal giro della Nazionale?

“Perché dopo gli Europei avevamo puntato su un progetto tecnico diverso, imperniato su ragazzi giovani. Alcuni sono mautrati, anche se non ho potuto portarli tutti al Mondiale: Immobile, Insigne, Destro, Gabbiadini, Zaza. Altri si sono fermati. Il criterio che mi guida è il merito. Cassano è un calciatore che fa giocare bene la squadra nella parte cruciale del campo”

"Ma è raccontato come ingestibile e insopportabile

“Sono favole. Al più, piccoli episodi senza importanza. Antonio Cassano non mi ha mai mancato di rispetto”

"E Balotelli?

“Neanche”

"Quanto conta nel vostro rapporto il fatto di essere entrambi bresciani?

“Aiuta. A volte gli parlo in dialetto. Ci sono cose che dette in italiano non hanno la stessa efficacia…”

"Balotelli riuscirà a gestire la tensione del Mondiale?

“E’ fondamentale trasmettergli il senso che non è l’unico responsabile di quel che accade. La pressione, fisica e psicologica, su calciatori come lui è fortissima. Ma tutti e ventitré i convocati devono essere una risorsa. Nessuno deve diventare un problema”

"E’ vero che quando lei arbitra in allenamento a volte fischia apposta i falli che non ci sono?

“Sì. I calciatori devono abituarsi a tutte le situazioni possibili, anche a subire torti.

"E se qualcuno reagisce e protesta?

“Rigore contro”