Esistono ''molteplici e articolati elementi probatori'' sulla sussistenza del reato di associazione per delinquere di cui si sono resi responsabili diversi imputati, tra cui l'ex dg della Juventus Luciano Moggi: e' quanto sottolineano i giudici della sesta sezione della Corte d'Appello di Napoli (presidente Silvana Gentile, consiglieri Roberto Donatiello e Cinzia Apicella), nelle motivazioni della sentenza di secondo grado emessa il 17 dicembre scorso. Le motivazioni, contenute in 203 pagine, sono state depositate oggi.
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Calciopoli, “molteplici e articolate prove” su Moggi e altri
Esistono ”molteplici e articolati elementi probatori” sulla sussistenza del reato di associazione per delinquere di cui si sono resi responsabili diversi imputati, tra cui l’ex dg della Juventus Luciano Moggi:
Luciano Moggi "esercitava un ruolo preminente sugli altri sodali"coinvolti in Calciopoli in virtu' anche "di una spregiudicatezza non comune". Lo scrivono i giudici della sentenza d'appello del processo a Calciopoli. "Dagli atti processuali - si legge nelle motivazioni - emerge il suo ruolo preminente sugli altri sodali, dovuto non solo alla sua personalita' decisa, ma al contempo concreta e priva di filtri nell'esporre le sue decisioni, ma anche per la sua capacita' di porre in contatto una molteplicita' di ambienti calcistici fra loro diversi e gestirne le sorti con una spregiudicatezza non comune". Per la Corte d'Appello "la figura assolutamente apicale nel sodalizio di Luciano Moggi appare certa e inequivocabile. Egli - sottolineano i magistrati - non solo ha ideato di fatto lo stesso sodalizio, ma ha anche creato i presupposti per far si' di avere un'influenza davvero abnorme in ambito federale". Nella sentenza si fa riferimento alla "peculiare capacita' di Moggi di avere una molteplicita' di rapporti a vario livello con i designatori arbitrali fuori dalle sedi istituzionali, ai quali riusciva a imporre proprie decisioni, proprie valutazioni su persone e situazioni (come nel caso delle trasmissioni televisive soprattutto valutative sulla condotta dei singoli arbitri) coinvolgendoli strettamente cosi' nella struttura associativa e nel perseguimento della comune illecita finalita'". Un passaggio e' dedicato anche alle incursioni di Moggi negli spogliatoi dei direttori di gara: "Appaiono eclatanti - si legge nella sentenza - le diverse incursioni di Moggi, assieme a Giraudo, negli spogliatoi di arbitri e assistenti".
In particolare i giudici rievocano il caso Paparesta con Moggi furibondo con la terna dopo Reggina-Juventus del 7 novembre 2004 in cui venne alla luce "una condotta a dir poco aggressiva da parte del ds della Juventus" e in cui "appare significativo la non isolata mancata indicazione di tale grave episodio da parte dell'arbitro nel referto e cio' appare conseguenza diretta del timore di Paparesta". Nel processo d'appello Moggi e' stato condannato a due anni e 4 mesi.
(Ansa)
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