Settima vittoria consecutiva. Terzo posto con vista sul secondo. Annientata la Fiorentina. Ma annientati anche noi. Impressionante. Ma io lo so il segreto. Io dico che nei cinque anni passati a San Pietroburgo, Big Spalla ha preso su di se lo spirito di Rasputin, il monaco guaritore, consigliere dello zar Nicola. Si somigliano pure, lo stesso occhio di fiamma, se togli al monaco la foresta di pelo in faccia.
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Spalletti come Rasputin, e la Roma è guarita in pochi giorni
Una Roma impressionante, plasmata da Spalletti in pochissimo tempo
Rasputin guariva non si sa come gli emofiliaci, Big Spalla ha sanato l’emorragia senza fine di una squadra che si teneva più in piedi solo con lo sciroppo della nonna. E si sa come. Con l’esempio, la parola e un sapere sciorinato, esibito, imposto non come frigida erudizione, ma torrida eruzione, una tempesta emotiva e cerebrale che si è abbattuta su Trigoria dalla prima ora. Depressione? Presa a schiaffi.
In campo all’Olimpico, contro una sbalordita e subito arresa Viola, c’erano undici Big Spalla, e poi dodici, tredici, e infine anche Totti per l’apoteosi da serata perfetta. Giuro. Mai visto Pjanic giocare una partita così. Ma perché non gioca sempre così, ma basterebbe anche la metà di così? Gli manca solo il gol.
E deve esserci di mezzo anche l’anima di qualche divinità egizia, il gatto Salah, animale sempre più sacro, e il falco Elsha, autore di un primo tempo d’accapponare la pelle dei romanisti e il cranio di Galliani. “Roma faraonica” strepitavano persino i telecronisti brasiliani di Espn con dubbia originalità.
Big Spalla sceglie, com’è ovvio, la sua Roma, con i tre davanti ballerini, irriconoscibili, tecnici, supersonici, sì perché il passo felpato del tanguero Perotti, mai una palla persa e gol da centravanti vero, altro che finto, anche per lui gloria. Dzeko in panchina, malinconico. Pazienza. Se questa è la Roma. Rivisto Keita ai suoi migliori livelli e un testosteronico Nainggo che, alla fine, quasi s’avvinghia per eccesso di adrenalina con l’amico Manolas, altro cavallo pazzo, in una specie di paradossale zuffa per eccesso di felicità agonistica.
Tre cosucce per chiudere. Avrei pagato di tasca mia anche 250 euro per carpire e non capire la fitta conversazione in tribuna tra Cicoria Tempestilli e James Pallotta, che da stasera ama Spalla quasi come la mamma. Due. Il tenero bacio, un po’ Dracula e un po’ “ti voglio bene”, del solito ovunque Big Spalla sul collo di Salah, che si lascia fare con la benedizione di Allah.
E, ah, si è rivisto, finalmente, sul 4 a 1 e una Roma di grandiosa bellezza e spinta, il celebre occhio perduto di Big Spalla, quando si estranea dalla lotta e va a cacciarsi in chissà quale suo buco, mica detto che sia nero, forse rosa. Martedì a Madrid. Se questa è la Roma, minimo ci divertiamo.
G.Dotto/Dagospia
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