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Rosella Sensi: “Lo scudetto un ricordo da brividi. Nella Roma c’era l’ambiente perfetto per vincere”

L'ex presidentessa: "Capello è stato importante quanto i giocatori. Batistuta è stato la ciliegina sulla torta di una squadra già forte, costruita anche negli anni precedenti"

Redazione

Il 17 giugno per i tifosi romanisti sarà sempre il giorno del terzo scudetto. Diciannove anni fa i giallorossi trionfavano 3-1 contro il Parma e si laureavano Campioni d'Italia in un Olimpico indimenticabile. L'ex presidentessa Rosella Sensi, quell'anno ad dei giallorossi, ha raccontato il suo ricordo a gianlucadimarzio.com. Le sue parole:

“Se chiudo gli occhi vedo lo stadio Olimpico pieno, in festa. Ricordo ogni sensazione di quel giorno. Una giornata calda, di sole. Mi ricordo tutto. E mi vengono ancora i brividi. Da romanista è difficile descrivere a parole una sensazione come quella di vincere uno scudetto nella nostra città, in quel modo, con l'ultima partita decisiva all'Olimpico”.

La Roma vinse lo scudetto l'anno dopo la Lazio.

Quella cosa ha irritato mio papà Franco ed era dispiaciuto, da romano e romanista non poteva essere contento. I tifosi volevano vincere, e mio padre è sempre stato determinato nel farlo.

L'acquisto di Batistuta?

Ricordo la sua presentazione all’Olimpico, faccio fatica a pensare ad altri giocatori presentati con lo stesso entusiasmo. Bati fu la ciliegina sulla torta di una squadra già forte, costruita anche negli anni precedenti. Da lì cominciò una stagione fantastica, avevamo campioni in ogni reparto ma bisognava dimostrarlo sul campo. La rimonta a Torino è stata la svolta.

Dopo il pareggio con il Napoli la Roma aveva un solo risultato a disposizione nella partita col Parma...

Quel pareggio frenò un po' gli entusiasmi, abbiamo dovuto soffrire fino all'ultimo minuto. Tutto incredibile, a Roma si respiravano emozione e tensione. Dovevamo vincere, solo quello ci avrebbe dato la certezza dello scudetto. Il Parma era uno squadrone, ma noi eravamo incredibili. C'era la mentalità, la voglia di vincere. Mio padre, e tutti noi, ci abbiamo sempre messo testa e cuore. Quella squadra era determinata, e Capello è stato importante tanto quanto i calciatori. Li ha saputi motivare e mettere in campo alla perfezione. E poi c’era un grande presidente, che ha saputo organizzare e scegliere le persone giuste. C'era un ambiente ideale per arrivare a vincere. Tutte le persone all'interno della società avevano lo stesso obiettivo. Papà poi ha sempre avuto rapporti diretti con i giocatori, ci teneva tantissimo e se ne occupava personalmente. Li ha curati e voluti vicino. Questo ha fatto la differenza.

L'invasione prima del fischio finale ha creato apprensione...

C’era paura e tanta voglia di fare festa, e la grande tensione del momento portò a quell’invasione. I tifosi erano impazziti, così come mio padre. In tribuna non eravamo seduti vicini, avevamo dei posti che poi per scaramanzia abbiamo sempre tenuto. Ma al fischio finale sono salita su di corsa da lui. Mi mancava il fiato, quella gioia che ti toglie il respiro. Non riuscivo nemmeno a urlare. E papà mi disse: 'Ce l'abbiamo fatta'. Era emozionatissimo, fu una cosa incredibile per lui. Per giorni festeggiò con mamma per tutta Roma. Mentre ne parlo ho le lacrime e i brividi.

Al Circo Massimo si dice ci fossero un milione di tifosi...

C’era un numero incredibile di tifosi, non so quale altra squadra possa dire di aver potuto organizzare una cosa del genere. Una gioia meritata e indescrivibile. Pazzesco, ho la pelle d’oca.