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Petrachi: “Roma, ci sono rimasto male. Pallotta ci teneva ma si è affidato alle persone sbagliate”

LaPresse

L'ex direttore sportivo: "La giusta causa non c'era e la giustizia l'ha dimostrato. Ora sono pronto per una nuova avventura"

Redazione

Gianluca Petrachi torna a parlare. L'ex direttore sportivo della Roma è stato intervistato da TMW e ha raccontato anche gli ultimi mesi da dirigente giallorosso.

Da direttore sportivo molto legato allo scouting che rapporto ha con la tecnologia?

“Sono un grande utilizzatore di Wyscout: non puoi essere ovunque, devi valutare i giocatori anche dal video e sfruttare le tecnologie. Però tutto deve esser sempre confermato dal live, dalle impressioni dal vivo. E per le valutazioni finali va sempre il sottoscritto”.

Ci racconta il metodo Petrachi?

“Quando arrivo in un club studio la struttura, i giocatori, il materiale a disposizione. In base all'allenatore che c'è, o a quello scelto, capiamo chi tenere. Mi serve un terzino sinistro? Chiedo ai miei scout di stilare una lista di cinque nomi che reputano validi e adatti e faccio io la valutazione. Mi piacciono? Andiamo in profondità. Non mi convincono? Altri cinque. Quando uno mi intriga, lo seguo più in profondità, poi faccio fare due valutazioni, da uno scout e da Cavallo. Finché potevamo, giravamo molto e lo avremmo fatto anche ora che ci teniamo aggiornati”.

Andiamo a Roma. Ai giocatori che ha preso nella Capitale.

“Uno di quelli che andranno con tutta probabilità all'Europeo è Leonardo Spinazzola. E' un orgoglio che ci siano tanti ragazzi nel giro azzurro la prossima estate, compreso Gianluca Mancini. Tornando a Leonardo: vero che a bilancio risulta a tanto ma c'è stata plusvalenza con la Juventus. Il differenziale, nell'affare che ha portato da loro Luca Pellegrini, è di 7 milioni. Ecco, per 7 milioni ho portato Spinazzola alla Roma. E poi Jordan Veretout”.

Uno che anche dopo la fine della sua avventura a Roma, come abbiamo avuto modo di leggere, l'ha ringraziata.

“Per 17 milioni più 2 di bonus ho portato a Roma il centrocampista attualmente più prolifico della Serie A e un ragazzo speciale”.

Dalla Spagna ha preso Villar. Cosa l'ha colpita?

“La sua postura. Si posiziona sempre nel modo corretto per ricevere il pallone, come se glielo avessero insegnato da piccolo. La postura è fondamentale, apri o chiudi il corpo e sei pronto per la giocata. E' una virtù incredibile ma è un fattore sul quale Fonseca lavora tanto. Vuole giro palla veloce ma con lo scarico del centrocampista. Se la postura è sbagliata, scarichi sempre indietro”.

Smalling e Mkhitaryan a zero possono essere definiti quasi due capolavori?

“Henrikh come gol e assist anche in questa stagione è tra quelli col miglior rendimento. E Smalling, insieme a Mancini e Ibanez, a mio modesto avviso forma una delle migliori linee difensive del panorama internazionale”.

Pau Lopez, invece, come un rimpianto? La gara con l'Ajax, potrebbe essere un nuovo inizio.

“Sfato un 'luogo comune'. Diciamo che non l'ho pagato 30 milioni ma che è la cifra a bilancio. Di mezzo c'è stata la metà di Sanabria: l'ho pagato 18, che comunque sono sempre tanti. Non sono dispiaciuto di aver preso Lopez, è un buon portiere e con caratteristiche giuste, scelto anche per come gioca coi piedi condividendo la scelta con Fonseca e con Savorani. Solo che ha avuto come un black out e quando sei un portiere è dura rialzarti. Immagino come abbia sofferto: fa grandi parate, decisive, come ieri, e a volte perde la serenità nel giocare coi piedi che era la sua miglior virtù”.

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Lei non è riuscito a decidere fino in fondo cosa fare della sua avventura alla Roma.

“Credo che nella vita le separazioni consensuali siano quelle meno dolorose. Ognuno va per la propria strada, quando non c'è più amore finisce tutto. Solo che lì la separazione non è stata consensuale. La giusta causa non c'era e la giustizia l'ha dimostrato. Mi sono buttato a capofitto in quel progetto, ho dato tutto e ci sono rimasto male. Ora però il tempo è passato, è stato galantuomo: la giustizia ha raccontato come sono andate le cose. E sono pronto, siamo pronti per un nuovo capitolo della nostra carriera”.

Le manca l'emozione della decisione.

“Quell'entusiasmo è alla base del nostro mestiere. Quel coraggio, quello di prendere D'Ambrosio dalla C2, è gratificante, bellissimo. Il rapporto con tutta la squadra, col tecnico. Io sono uno molto di campo, mi confronto coi giocatori e intervengo anche. L'ho fatto con Ibanez a Roma, per esempio, che giocava tutto tacco e punta. Come può farlo un allenatore che vuol fare il direttore, il tecnico, scegliere gli acquisti, le cessioni? C'è una sola voce, invece 'a ciascuno il suo'”.

Lei è social?

“Non mi sento parte del mondo social, no.”.

A differenza del suo ex presidente James Pallotta. 

“In parte lo giustifico. Pallotta ha commesso degli errori, affidandosi a persone sbagliate a distanza di tanti chilometri. E' stato poco presente, doveva respirare l'umore della piazza ma vi confesso una cosa: avrebbe voluto restituire tutto coi risultati per poi ripartire. Voleva riprendere da lì, da quello che aveva tralasciato. Ci teneva particolarmente alla Roma ma così, a distanza, è tutto più difficile e spesso si sbagliano valutazioni e decisioni”.