Prima di partire alla volta di New York per le vacanze natalizie, Radja Nainggolan ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni del portale belga Sport Magazine per parlare della sua esperienza nella nazionale del Belgio, ma anche del duro lavoro svolto fino ad oggi per raggiungere i livelli attuali. Il 'Ninja' è sempre più protagonista in nazionale, ma anche nella Roma. Eppure non sempre è stato così. Queste le sue dichiarazioni:
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Nainggolan su Euro 2016: “L’Italia è una delle favorite”
Il belga parla anche del suo ruolo in nazionale: "Sono stato ad un passo dal gruppo per anni ma non ne facevo realmente parte. Se la chance fosse arrivata prima me la sarei presa anche allora"
"Ho lavorato duro per entrare in una grande squadra - spiega al portale - ce l'ho fatta e mi posso ritenere uno che dà tutto per il proprio gruppo. Sono uno che cerca di recuperare palla velocemente e far ripartire la squadra per organizzare l'attacco. Questa è una cosa in cui penso di essere bravo, mi piace il calcio propositivo e offensivo, è la parte bella di questo gioco. Negli ultimi due o tre anni ho accresciuto la mia esperienza, ho giocato prima a Cagliari e poi con la Roma".
Agli Europei sfiderai l'Italia...
Sono contento, perché ritrovo alcuni miei compagni di squadra. Ma anche preoccupato perché l'Italia è una delle squadre favorite della competizione. Non dovranno per forza essere super per arrivare lontano, si è visto nel 2006. Credo che ora siano nelle mani di un allenatore di livello come Conte, che li porterà nella direzione giusta. Per esempio la Juventus che ha eliminato il Real in Champions lo ha fatto non perché avesse i giocatori migliori, ma perché erano più forti tatticamente. Il blocco squadra è fondamentale.
De Bruyne è stato l’uomo simbolo delle qualificazioni ai Mondiali del 2014. Questa volta tocca a te.
Non saprei. Ho l’impressione che tutto abbia iniziato realmente a funzionare soltanto dopo il mio bel match contro la Francia in cui ho anche segnato. Da lì è partita una sorta di ‘mania’. Mi ha dato fiducia e ho continuato su questo slancio. Ho sempre detto che più giocavamo insieme più ci sentivamo squadra. Questo è quello che mi sta succedendo ora. Il Belgio è arrivato ai quarti di finale delle Coppa del Mondo e, nel retro del mio cervello, mi domandavo come avrei potuto conquistare un posto in quella squadra. Sono stato ad un passo dal gruppo da anni ma non ne facevo realmente parte. Sono stato selezionato, ma non ho mai giocato, non ho mai avuto la mia chance. Ora me la sono presa, ma sono sicuro che se fosse arrivata prima me la sarei presa anche allora. Ma fa niente, è il calcio. Per un ct le scelte sono sempre difficili, soprattutto quando ha tanti buoni giocatori.
Wilmots ti ha dato delle spiegazioni?
Spiegazioni… Ora sento che ha veramente molta fiducia in me. Ho letto tante cose, e ad un certo punto ha dovuto scegliere tra me e qualcun altro, scegliendo chi aveva partecipato a tutte le qualificazioni.
Steven Defour.
Sì. In quel momento là non avevo nulla da dire, avevo il giusto diritto di essere deluso. Allora pensavo che fosse dovuto al fatto che giocavo al Cagliari, ma anche quando sono passato alla Roma le cose non sono cambiate subito. Penso che fosse dovuto al fatto che Defour è arrivato molto presto nel gruppo dei ‘Diavoli Rossi’, c’è sempre stato, era campione con lo Standard e aveva giocato in Champions League. Semplicemente era più conosciuto di me in Belgio.
Quando hai avuto la tua possibilità hai portato velocità, aggressività e profondità.
Forse era proprio questo che mancava. Penso di aver fatto delle buone qualificazioni e sono felice che le mie prestazioni siano state apprezzate.
Credi che allo stato attuale il tuo sia il primo nome da schierare a centrocampo?
No, non sono a questo punto. Ci sono molti giocatori. In questi ultimi tempi ho giocato spesso al fianco di Witsel con De Bruyne davanti a noi. Ma anche con Marouane (Fellaini, ndR) poco cambia. Senza dimenticare Dembélé, è un giocatore fantastico che ha più peso nel gioco offensivo. Ai miei occhi è il calciatore belga più talentuoso, ha anche un bello stile. Forse gli manca qualcosa che l’allenatore si aspetta.
Velocità e profondità.
Forse. Ma quando ha il pallone non lo perde mai, anche se lo tocca 100 volte in una partita.
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