Sono passati quasi due mesi da quel 3 maggio, dalla finale di Coppa Italia, dal ferimento a morte di Ciro Esposito, e stanno per arrivare in Consiglio dei ministri - forse inserite in extremis nella riunione di lunedì, forse all’ordine del giorno in quella successiva- le norme promesse dal Governo per combattere la violenza negli stadi. Un decreto di legge con tutte le caratteristiche dell’urgenza -il prossimo campionato calcio è alle porte, si tornerà a giocare il 31 agosto- che è qualcosa di più di un «pacchetto», assomiglia piuttosto a un tentativo di rivoluzione culturale, «Faremo una guerra dura -annunciava proprio ieri il ministro dell’Interno Alfano- a tutti quelli che non hanno niente a che fare con l’amore per il calcio».
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Morte di Ciro, ecco il decreto antiviolenza: Daspo di gruppo e sconti ai pentiti
Scatterà il divieto di stadio anche per chi danneggia una carrozza ferroviaria, ad esempio, o per chi sfascia le vetrine della città, quindi anche lontano dalla zona della partita.
LA «COLLABORAZIONE» - Le novità vanno tutte in una direzione: conciliare dialogo e rigore. Ne è un buon esempio, per dirne una, l’introduzione della figura del tifoso pentito, una prima assoluta per il mondo del calcio. Il decreto prevede infatti la possibilità di una riduzione del periodo di daspo -l’acronimo di Divieto di assistere a spettacoli sportivi- per il violento che abbia mostrato una seria intenzione di cooperare con le forze di polizia e quindi di «pentirsi». Spiega bene un super poliziotto che ha lavorato alla stesura del testo e che vuole mantenere l’anonimato: «Dare la possibilità al questore di ammorbidire un daspo significa attivare preziosi meccanismi di collaborazione. Perché sia chiaro: con Genny la Carogna la polizia deve parlarci, ma non in mondo visione».
Ma non solo il pentito. L’altra grossa novità è il daspo di gruppo. L’esempio purtroppo classico è quello del bus di tifosi che si ferma all’area di servizio e la devasta. Con le nuove norme il daspo sarà applicato a tutti gli occupanti del bus, senza appello. E soprattutto il capo riconosciuto di quel gruppo di ultrà -che sia identificato sul posto o anche allo stadio- proprio per il suo ruolo verrà raggiunto dal provvedimento più duro, inasprito rispetto agli altri. La logica è quella, spiega ancora il superpoliziotto di «indebolire le logiche di quel mondo, di spuntare le armi dell’aggregazione».
Un altro punto cardine riguarda l’allargamento del daspo ai reati di ordine pubblico. Scatterà il divieto di stadio anche per chi danneggia una carrozza ferroviaria, ad esempio, o per chi sfascia le vetrine della città, quindi anche lontano dalla zona della partita. Infine la conferma della misura già annunciata in quei giorni: il massimo del Daspo passerà da cinque a un massimo di otto anni. Niente daspo a vita, una volta soppesati i forti dubbi di costituzionalità.
«RESPONSABILIZZARE I CLUB» - Non si avrebbe un quadro chiaro delle novità per il prossimo campionato se accanto al decreto di Palazzo Chigi non valutassimo anche il piano della task forse del Viminale del 7 aprile scorso. Tutti attorno allo stesso tavolo, ministero, studiosi, club di prima grandezza, rappresentanti dei tifosi, per elaborare un piano contro la violenza. La finale di Coppa Italia sarebbe arrivata dopo, quel piano, purtroppo, quasi la immaginava tanto si è rivelato valido e attuale. La parola d’ordine, in questa caso, è una sola: responsabilizzare le società, le stesse società che finora -anche le più ricche e importanti- hanno sempre promesso e mai mantenuto. Per loro sembra l’ultima chiamata: per rispettare quel piano, dovranno innanzitutto a rimpicciolire i vari settori degli stadi, non più di diecimila spettatori ciascuno e la separazione fra uno spazio e l’altro dovrà essere netta per facilitare il controllo dei violenti, per identificare più velocemente chi intona corri razzisti, chi innalza striscioni vietati.
IL NODO DEGLI STEWARD - Ma soprattutto le società dovranno garantire «un adeguato impegno di steward», un altro dei punti dolenti. E dovranno adeguatamente addestrarli se vorranno davvero «restituire il calcio alle famiglie» come chiedeva il presidente Renzi all’indomani di quella maledetta partita.Dovranno dimostrare coraggio queste società, anche nel revocare le tesse di fidelizzazione -quelle che da quest’anno consentono l’acquisito on line o tramite smart phone dei biglietti- a quei tifosi che rendessero responsabili di violenza o di razzismo.
C’è poi un’altra questione che prima o poi dovrà essere risolta e ne parla Felice Romano, segretario generale del sindacato di polizia Siulp: «Ogni anno, per ogni campionato di calcio, spendiamo da 23 ai 33 milioni di euro in identità accessorie alle forze dell’ordine impegnate a garantire la sicurezza negli stadi. Mi sembra arrivato il momento: le società di calcio, che vantano introiti miliardari, diventino corresponsabili quei costi».
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