In pochi conoscono la storia di Eroldo Monzegno. Due volte campione del mondo di calcio, nel 1934 e nel 1938, e idolo della Roma di Campo Testaccio tra il 1935 e il 1938 con oltre 100 presenze in maglia giallorossa e il ruolo di direttore sportivo nella squadra del primo scudetto. Una vita sorprendente, mai raccontata, accanto al Duce quella del terzino. Sempre vicino a lui sino alle ultime drammatiche giornate che videro il crollo della Repubblica sociale italiana e la fuga precipitosa, il 25 aprile, dello stesso Mussolini da Milano verso il lago di Como. Eraldo Monzeglio, terzino tanto duro quanto elegante con il Bologna e con la Roma, è nella hall of fame del pallone azzurro, accanto al commendator Vittorio Pozzo (il commissario tecnico più vincente di ogni tempo), accanto a Paolo Rossi, Gigi Riva, Valentino Mazzola e Giuseppe Meazza.
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Monzegno, la vita di una delle bandiere della Roma di Testaccio in un libro
Ma la sua avventura agonistica sui campi da gioco (fu anche un apprezzato allenatore sulle panchine di Napoli, Samp e Juve) sembra quasi passare in secondo piano rispetto a ciò che vide, e ai fatti di cui fu testimone, se non protagonista, durante gli anni del secondo conflitto mondiale. A raccontare la sua biografia sorprendente, da spericolato 007 in bilico tra fascismo e Resistenza, è un libro edito con Solferino: «Il terzino e il Duce», già in distribuzione e scritto da Alessandro Fulloni, giornalista al Corriere della Sera. Il calciatore fu prima volontario nella campagna di Russia (ma con il ruolo di «testimonial» dell’Esercito) e poi a Salò, dove, a villa Feltrinelli, visse accanto a Mussolini, nella sua segreteria, addetto «agli incarichi speciali».
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