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Dall’osteopata al team manager al nutrizionista: ecco i segreti degli abbracci tra giocatori e staff

Getty Images

La "squadra invisibile" della Roma: Cardini, Martinelli, Rillo, Manara e un legame fortissimo con la rosa

Roberta Moli

C’è una Roma che lavora non dietro, ma accanto, alla Roma che scende in campo ormai ogni tre giorni. È quella che Spalletti chiamava “la squadra invisibile”, un team di professionisti che ogni giorno è insieme ai giocatori e magari non ha gli stessi onori (e lo stesso stipendio) degli allenatori o dei calciatori stessi. Ieri sera Stephan El Shaarawy dopo il gol è andato ad abbracciare Valerio Cardini, il team manager, ma anche l’amico “zione”. Gianluca Mancini, invece, ha scelto Walter Martinelli, l’osteopata della Roma e della Nazionale che tanto lo sta aiutando in questo periodo di continue partite.

Non sono solo rapporti professionali. Valerio Cardini, che prima di essere team manager della prima squadra lo era della Primavera (è stato promosso dopo il caso Spezia e l’allontanamento di Gianluca Gombar) è molto legato al gruppo italiano dello spogliatoio. Con ElSha e Pellegrini si chiamano a vicenda “zioni” e il legame è stretto anche con le famiglie perché in passato Cardini si occupava proprio dell’assistenza ai parenti. Suo fratello Alessandro è quel fisioterapista a cui Nainggolan dedicò nel 2017 la vittoria in un derby perché aveva avuto dei problemi cardiaci e anche lui è uno ancora molto legato ai calciatori. Oltre, poi, a Martinelli, che segue gli italiani anche perché li ha in Nazionale, ci sono Rillo, il nutrizionista che si occupa della dieta dei giocatori e ha sempre un occhio di riguardo per Smalling e la sua alimentazione vegana, e poi i magazzinieri, a cui la squadra dedica sempre attenzioni e riguardi.

Legame forte è anche quello con il medico sociale Massimo Manara, di recente in ospedale per Covid: a lui Fonseca e i giocatori hanno dedicato la vittoria contro il Verona, altro tassello di un rapporto sempre più stretto tra i componenti del gruppo squadra. In questo senso, l’anno di pandemia è stato importante: con le trasferte ristrette, l’impossibilità di organizzare eventi e la massima attenzione a tutti i contatti, i giocatori hanno fatto sempre più gruppo con le persone che lavorano ogni giorno con loro a Trigoria. Ecco perché la “squadra invisibile” adesso non lo è più e gli abbracci dopo i gol sono la conferma di tutto questo.