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Pjanic, ora o mai più

Quattro stagioni di sprazzi entusiasmanti e prestazioni anonime. Il prossimo, per Miralem, sarà l'anno della verità

Redazione

Coraggio, sfrontatezza, qualità. Coordinazione perfetta, destro formidabile. Palla sotto l'incrocio e giù applausi. Il Cricket Ground di Melbourne, quattro giorni fa, è rimasto letteralmente incantato dalla giocata maestosa di Miralem Pjanic contro il Manchester City. Un gol d'autore, una prodezza che in pochi, in Europa, possono permettersi. Ennesimo segnale di un bagaglio tecnico di autentico spessore. Un potenziale, ahinoi, rimasto troppo spesso chiuso nel cassetto da quel 31 agosto 2011, giorno fatidico dello sbarco a Roma del talento bosniaco.

Sono trascorsi quattro anni. In questo lasso di tempo, Miralem è diventato uomo, svestendo i panni del fanciullo in rampa di lancio. Ma la caratura internazionale dell'ex Lione non si è ancora del tutto consacrata. Colpa di una discontinuità perenne e di alcune lacune che con l'impegno, il lavoro e il sacrificio si possono colmare.

Melbourne come Denver un anno fa. Era il 26 luglio 2014 e Pjanic colpiva e affondava l'altra sponda di Manchester (United) con un gol d'antologia che ha fatto il giro del mondo. Ma il pubblico australiano, martedì scorso, sull'opposto versante ha ammirato anche la straripante qualità di David Silva, uno che da svariati anni unisce giocate da leccarsi i baffi ad una capacità unica nel saper guidare la squadra e prendere per mano (davvero) i compagni.

Tecnicamente parlando, tra Pjanic e Silva la differenza è poca. Sono due tipi che parlano la stessa lingua, quella del talento e della genialità. Ma uno, lo spagnolo, è leader, a dispetto del viso da eterno bimbo, non si nasconde mai tra maglie amiche e nemiche, ma è sempre nel vivo del gioco e dell'azione. Un punto di riferimento costante. Mire? Nelle giornate di grazia è un artista, in tante altre è spettatore non pagante. L'ultima è stata un'annata sfortunata, molto simile alle prime due vissute con Luis Enrique e Zeman. Solo sprazzi e tanto anonimato. Dovuto, secondo Garcia, alle condizioni fisiche precarie che hanno costretto il ragazzo a soffrire e stringere i denti. Ora sta bene, è in forma e da lui ci si attende il massimo.

Per mesi si è parlato di un possibile sacrificio di Pjanic sul mercato, a fronte di offerte rilevanti. Gli incedibili, come spiegano da Torino, esistono solo dal 1° settembre in poi. Ma ad oggi e fino a prova contraria, Miralem è considerato un punto fermo della Roma del futuro. Pupillo di Garcia, unico reduce della prima travagliata campagna acquisti sabatiniana. Pronto, magari, a calarsi in una realtà tattica assai diversa, che potrebbe vederlo totalmente al centro del gioco, ossia posizionato alle spalle del suo amico Dzeko in un 4-2-3-1 appositamente disegnato per far rendere al meglio il tandem di bosniaci. Di certo, siamo alla vigilia dell'esame. Forse quello definitivo. Pjanic deve sbocciare e farlo una volta per tutte. Ne ha bisogno Garcia, disperatamente a caccia di una luce in mezzo al campo che non si chiami per forza Francesco Totti.