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Bojan shock: “Soffro di attacchi di ansia e panico ma nel calcio queste cose non interessano”

Le parole dell'ex giallorosso: "Ho un problema nel gestirla e avevo troppa pressione in testa, un male continuo"

Redazione

Da "nuovo Messi" a promessa non mantenuta. La parabola di Bojan continua ad andare in picchiata. Dalla stagione con la Roma, il talento spagnolo non ha più trovato numeri e prestazioni fatte vedere al Camp Nou. Quest'anno con Alaves in Liga 12 presenze e nessun gol. L'ex Barcellona ha svelato al "Guardian" il motivo di questo incredibile calo di rendimento. Le sue parole: 

“Avevo gli attacchi d’ansia prima di giocare, ma nessuno voleva parlarne. Al mondo del calcio queste cose non interessano. Ci sono forze che non riesci più a controllare, opinioni che non riesci a far tacere, gelosie e chiunque può avvicinarsi a te. Non devi farti travolgere, ma non è semplice. Serve una bella corazza, ma oggi i giocatori sono esposti globalmente sempre più giovani e scommetto che i 15enni già sui social ricevono insulti di ogni tipo. E’ terribile. A 17 anni (età del suo esordio, ndr) la mia vita è cambiata per sempre. Sono andato al Mondiale U17 a luglio e nessuno mi conosceva; quando sono tornato non potevo più camminare tranquillamente per strada. Pochi giorni dopo ho debuttato contro l’Osasuna, poi l’esordio in Champions e il gol contro il Villarreal, fino alla chiamata in Nazionale a febbraio 2008. Tutto velocissimo, troppo”

Prosegue il racconto di Bojan: “Ansia? Ho un problema nel gestirla e avevo troppa pressione in testa, un male continuo. Ognuno reagisce a suo modo all’ansia, io stavo male per giorni, avevo il panico. Prima della sfida con la Francia in febbraio mi sono sentito male nello spogliatoio, quella fu la prima volta. Durò così fino all’estate e presi la mia decisione: nonostante la convocazione di Aragones, rifiutai la chiamata. Non ce la facevo, mi isolai. Quella decisione mi ha tagliato le gambe, passai per quello a cui non interessava niente della Spagna. La gente mi insultava, non sapeva e pensava solo che non avessi voglia di giocare. Prima delle convocazioni la Federazione sapeva come stavo, sapevano le mie intenzioni, ma mi chiamarono lo stesso. Mi sentii veramente solo, gettato in pasto all’opinione pubblica. Amo il calcio e nessuno me lo porterà via. Sono orgoglioso della mia carriera e di come ho vissuto, anche se ho affrontato momenti difficili compreso quest’anno. Bisogna essere forti, sono ancora giovane e non ho intenzione di smettere”.