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“Agnelli incontrava i mafiosi”

I magistrati torinesi stanno portando avanti un'indagine che coinvolge in prima persona il numero uno bianconero

Redazione

Andrea Agnelli dovrà pensare alla doppia inchiesta (dei magistrati a Torino e del procuratore federale Figc) sul presunto accordo tra la Juventus e i gruppi ultras per assicurare la quiete allo stadio, sul bagarinaggio massiccio e sugli affari della malavita organizzata. Dal punto di vista sportivo la posizione del numero uno bianconero è scomoda, come scritto da Giuseppe Pecoraro (ex prefetto ora procuratore della Federcalcio) nel documento di chiusura indagini, inviato ad Agnelli e agli altri dirigenti coinvolti . "Con il dichiarato intento di mantenere l'ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi 'ultras', (Agnelli) non impediva ai tesserati, dirigenti e dipendenti della Juventus di intrattenere rapporti costanti e duraturi con i cosiddetti gruppi ultras', anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata, autorizzando la fornitura agli stessi di dotazione di biglietti e abbonamenti in numero superiore al consentito, anche a credito e senza presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizione di norme di pubblica sicurezza sulla cessione dei tagliandi per assistere a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio". Sempre nel testo l'accusa più grave per Agnelli. "Ha partecipato personalmente, inoltre, in alcune occasioni, a incontri con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria 'ultras'". La società torinese ha risposto con le controdeduzioni e indicato come persona informata Marotta, da tempo in rotta di collisione con Agnelli. I rilievi di Pecoraro derivano dalle deposizioni di Rocco Dominello, esponente della cosca Pesce-Bellocco della 'ndrangheta e dalle carte di Torino. Inizialmente nell'indagine "Alto Piemonte" non erano emersi incontri diretti ma un'intercettazione ha instillato dei dubbi. Il risultato a livello penale è che nessun dirigente è indagato ma la Juve non è considerata parte offesa. L'intercettazione che ha destato dubbi riguarda Fabio Germani, ex ultrà della Juve ora presidente di Italia Bianconera che il 15 gennaio 2014, parlando con il responsabile della biglietteria della Juve Stefano Merulla diceva: "Io vado a trovare il presidente Andrea Agnelli in ufficio ogni tre per due". Il dirigente bianconero rispondeva: "Ma anche lui va... e per di più l'hai portato tu". Il 'lui' in questione è Dominello, 40 anni, arrestato il 1° luglio assieme al padre Saverio per associazione mafiosa e tentato omicidio. Dominello, ex appartenente ai "Drughi", ha fondato il gruppo ultras "Gobbi" e preso in mano la gestione della rivendita di biglietti dopo essere stato introdotto ai manager bianconeri da Germani, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il 40enne aveva poi instaurato un rapporto diretto con alcuni dirigenti e chiedeva direttamente i tagliandi. I pm chiedono a Germani: "Di chi parlate alludendo al fatto che andava a parlare con Andrea Agnelli?", "Alludo al fatto che Rocco Dominello andava a parlare con Andrea Agnelli perché lo portava D'Angelo", la risposta. Alessandro D'Angelo è il security manager della squadra, uomo di fiducia del presidente dato che i due si conoscono fin da bambini essendo stato il padre autista di Umberto Agnelli. D'Angelo, interrogato cinque volte, nega di aver presentato ad Agnelli Dominello: "Non è assolutamente vero. Forse in un'occasione a Natale loro chiesero di poterlo salutare. Intendo dire Rocco e Germani. Io non mi sarei mai permesso di portare Rocco dal presidente perché non mi sarei mai permesso di portare un tifoso dal presidente Agnelli. Germani sta millantando, come ha sempre fatto". Dominello invece ha una versione diversa dei fatti e nega di essere un ndranghetista: "Frequentai la sede della Juve a partire se non sbaglio dal 2012. Ricordo portai con Fabio Germani e D'Angelo un cesto di Natale ad Andrea Agnelli. Un'altra volta D'Angelo mi portò da Agnelli in piazza Cln, forse era la prima volta che lo vedevo. Ci davamo del tu anche perché siamo coetanei", sostiene. Si parlava del progetto del presidente riguardo le curve: non più biglietti ma abbonamenti. "Su un foglio faceva degli schemi. Il progetto era la vendita, la Juve non regala nulla". E ora il caso Juve interessa alla commissione parlamentare Antimafia che ascolterà martedì prossimo i magistrati torinesi.

Il Fatto Quotidiano (C. Tecce/A. Giambatolomei)