Non molla, non fa un passo indietro, non cede al bombardamento mediatico e politico sulla questione morale: oggi è il giorno del (doppio) colloquio fra i due candidati alla presidenza del calcio e il numero uno del Coni, Malagò. E Tavecchio, che almeno per un giorno ha tentennato, ribadisce: ci sono e voglio vincere. Lo fa attraverso un comunicato, che arriva in serata, firmato dai presidenti delle quattro Leghe, di A, B, Lega Pro e Dilettanti (cioè anche da se stesso), che prima di definiscono «stupiti di fronte all’ipotesi avanzata da alcuni mezzi d’informazione riguardo un possibile commissariamento della Figc». Poi aggiungono: «Non esiste alcun presupposto percommissariare, né di carattere formale né sostanziale. La Federazione ha il diritto e il dovere di determinare in modo autonomo, trasparente e democratico i suoi organismi dirigenti nel pieno rispetto del regolamento in vigore». Per la cronaca, i magnifici quattro sono Beretta, Abodi, Pancalli e, appunto, Tavecchio. Mai vista tanta unità d’intenti e voglia di collaborare. Tutti uniti (salvo defezioni che per un giorno si fermano, in attesa dell’incontro al Coni) per il (Tav)ecchio che avanza. E una spiegazione c’è. Unità di programmi?
rassegna stampa
Il prestanome. Il piano di Lotito sulla Federcalcio: Tavecchio raccoglie voti e lui governa
Lotito usa Tavecchio per i suoi progetti sul calcio italiano
Fiducia nell’anziano dirigente scivolato suo malgrado sulla buccia (e su altre bucce) di banana? Fiducia nel programma stilato in undici punti e disegnato su un campo da pallone? Sentite Renzo Ulivieri: «Tavecchio secondo noi è inadeguato a ricoprire quel ruolo». Poi il presidente degli allenatori aggiunge: «Il programma che propongono è improntato molto sul pensiero di Lotito: il quale crede che il palazzo della federazione abbia una porta sola e che la chiave spetti a lui». Già, da dove arriva il consenso (in erosione, ma comunque attestato intorno al 48% (su 51%) che Lega Pro e Dilettanti promettono a Tavecchio? E come mai la serie B di Abodi è così compatta (finora si è dissociato solo il Brescia) nel reggere la candidatura del capo dei Dilettanti, brutte figure a parte? «Merita il cartellino arancione, non solo giallo», ha spiegato Abodi, prima di ribadire che «merita una chance». A prescindere, come direbbe Totò.
Albertini, il “nemico”, lo ha spiegato anche ieri in Rete: rinnovare, innanzi tutto. Sullo spazio ai giovani, la formula dei campionati, le seconde squadre. Un calcio al presente: «Chi frena le riforme? Una governance fatta di tante rendite di posizione da difendere». Appunto. E chi c’è a manovrare Tavecchio? Innanzi tutto, Lotito, che assumerebbe il ruolo di vicepresidente vicario, e Galliani. E, appunto, prendete la riforma dei campionati: serie A a 18 squadre, due sole promozioni, Lega Pro tagliata, meno accesso alla più ricca torta (diritti tv). Buone motivazioni per compattare il fronte: cambiare poco per non perdere nessuna rendita di posizione, anche se i campionati andranno riformati comunque. E, soprattutto, usare Tavecchio per raccogliere ivoti delle Lege B, Pro e Dilettanti. Ma, intanto, oggi tutti uniti. E se il front man inanella brutte figure ad onta della teorica buonafede (ieri Ulivieri ha raccontato che un suo progetto sul calcio femminile era intitolato “Spogliati e gioca”), pazienza. Ecco il gioco: restare coperti, mandare avanti lui e non perdere nemmeno un grammo di potere, anzi. Per il presidente dell’Entella, Antonio Gozzi, la spiegazione è un’altra: «Tavecchio è espressione del movimento calcistico e non dei poteri forti. Una convergenza programmatica così ampia delle quattro Leghe non si era mai vista ultimamente». E da Spezia scelgono la strada della «linea comune della Lega di B». Insomma, se martedì è stato giorno favorevole ai No Tav, ieri è stata giornata in cui i tavecchiani hanno garantito di essere uniti come non mai. Chissà.
Di sicuro Malagò oggi chiederà conto al candidato Tavecchio della sua battuta che ha messo in moto Fifa e Uefa (oggi scade anche il termine per la presentazione della memoria difensiva alla Fifa). Malagò non chiederà il passo indietro, ma pretenderà trasparenza e rigore morale. Mentre il Movimento 5 Stelle entra in gioco per aprire il fronte giudiziario: «Il candidato alla presidenza della Figc ha subito cinque condanne. Queste sono, a nostro parere, ragioni più che sufficienti per giudicare la sua nomina improponibile».
Un altro passaggio chiave, oggi, sarà quello riguardante il direttore generale della Federcalcio, ruolo ricoperto attualmente da Antonello Valentini. Il ruolo, le cui competenze sono definite dall’articolo 28 bis dello Statuto federale, è fondamentale. Tra le competenze assegnate al dg c’è la responsabilità della gestione istituzionale, amministrativa ed economica, inoltre coordina e dirige la segreteria federale, predispone il bilancio consuntivo e quello di previsione, sovrintende agli uffici federali e ne dirige il personale, stabilisce i programmi di lavoro attuative delle delibere del presidente e del CF. Insomma, volendo interpretare il ruolo in modo ampio, un manager potentissimo. E, nel dettato dell’articolo 28 bis, c’è all’articolo 1: «Il direttore generale è nominato dal presidente federale, previa consultazione con il Coni e sentito il consiglio federale». C’è da giurare che Malagò non riterrà la «consultazione» un atto puramente formale. Quattro i candidati forti: l’attuale dg della Lega di A, Brunelli; Michele Uva, dg della Coni Servizi, che potrebbe essere anche il manager di riferimento in caso di commissariamento; il dg della Lega Pro Francesco Ghirelli e il manager della Roma Claudio Fenucci. Ipotizzabile che Brunelli e Ghirelli siano “portati” da Tavecchio, Uva e Fenucci da Albertini.
© RIPRODUZIONE RISERVATA