Nell'immedato post-derby, con la Roma eliminata dalla Coppa Italia, tutti aspettano le parole di Spalletti. Il tecnico, come scrive Stefano Carina su Il Messaggero, sembra invecchiato di colpo di dieci anni. Si parte soft, con domande sulla partita: "In generale abbiamo fatto abbastanza bene. E’ chiaro che dopo il risultato dell’andata dovevamo essere bravi. Non abbiamo fatto male ma non siamo stati pronti, la prima volta che sono venuti giù abbiamo preso gol. Bisogna prendere atto del verdetto del campo e andare a fare delle analisi corrette. Alla fine la differenza sono due reti, ma nella partita d’andata non era stato fatto tutto male, anzi. Per me la qualificazione la perdiamo al secondo gol di Immobile di questa sera. Mi dispiace ma non posso modificare il passato".
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Spalletti: “Roma, il futuro lo decido solo io”
Il tecnico a fine gara: "Non ho messo in mano a nessuno il mio destino"
È un prologo perché interessa soltanto una cosa, il suo futuro: "Non ho messo in mano a nessuno il mio destino, ce l’ho in mano io», la replica stizzita. "Bisogna aver soltanto pazienza e lavorare. Si vede che la squadra commette degli errori, come nel secondo gol di Immobile dove eravamo lunghi e larghi con mezzo campo aperto. L’equilibrio, la testa, non c’è stata la continuità che bisognerebbe avere. E non c’è andata nemmeno benissimo con gli episodi. Mi chiedete cosa c’è da fare… E cosa c’è da fare? Bisogna alzare il livello della professionalità, del lavoro, della qualità e portare in fondo una classifica più importante possibile. Del resto non va dimenticato che quando siamo partiti eravamo a 12 punti dal Napoli (in realtà erano 7, con la Roma quinta inclassifica, e alla fine dello scorso torneo sono rimasti 2, ndc). Se non si vince però non è un buon lavoro. Col Lione si poteva passare il turno e siamo stati un po’ sfortunati, con la Lazio non siamo stati bravissimi a cogliere quegli episodi che bisognava portare a casa. E allora uno si chiede, come mai? Siamo bravi e forti… E’ giusto che l’allenatore si prenda delle responsabilità. Anche se nelle squadre contano i calciatori forti, non gli allenatori". Basterebbe quest’ultimo passaggio per capire molto. Forse tutto.
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