La Roma e Spalletti si somigliano e anche tanto. Sono simili sia nelle giornate di gloria che in quelle più buie, scrive Ugo Trani su Il Messaggero.
rassegna stampa
Spalletti & Roma, affinità elettive
La squadra riflette esattamente i pregi e i difetti del suo allenatore. Con Porto e Juve gli errori più gravi dando spazio ai giovani, non ai titolari
I giocatori invitano l’allenatore sull’altalena, coinvolgendolo più di quanto si possa pensare. E anche il tecnico ricambia, senza fare distinzioni. Su e giù, come se niente fosse.
Spalletti non si nasconde tenendosi stretto il suo ruolo di punto di riferimento del gruppo e di comandante unico. Il palcoscenico se lo prende per sé. Prima, durante e dopo.
I picchi, dal 16 agosto a sabato sera (25 partite, tra serie A, Champions ed Europa League: 14 vittorie, 6 pareggi e 5 ko), sono il successo straripante al San Paolo contro il Napoli e quelli equilibrati e di sostanza all’Olimpico contro la Lazio e il Milan. I flop, invece, quelli in casa nel playoff di ritorno contro il Porto e allo Stadium nello scontro diretto contro la Juve.
Il 2° posto in campionato, più della qualificazione ai sedicesimi di Europa League con il primo posto nel gruppo E, è il risultato stagionale in cui è riconoscibile il lavoro di Spalletti. Che, però, non è stato altrettanto lucido nelle 2 gare fondamentali, almeno fin qui, per la Roma. In entrambi i casi ha sorpreso la piazza, la società e la squadra.
Lui, profeta della normalità da riportare a Trigoria già all’alba della sua prima esperienza sulla panchina giallorossa, ha cambiato la strada vecchia per la nuova. E sempre nella notte della verità, Porto e Juve.
Leit motiv: il giovane titolare nella partita più delicata. Nel playoff arretrò De Rossi al centro della difesa (lasciando fuori Fazio), per sostituire lo squalificato Vermaelen, e lanciò dal primo minuto Paredes da regista, richiamato in panchina al minuto 42. Entrò al suo posto Emerson, per aggiustare la difesa dopo l’espulsione di De Rossi. Sabato in campionato ha aspettato la Juve per mettere Gerson esterno alto, ruolo che piace al calciatore e non al tecnico che, come ha raccontato due settimane fa in conferenza stampa, non lo ritiene adatto per giocare in quella posizione. In entrambi i casi le spiegazioni post partita non hanno convinto almeno quanto le mosse in partita.
Spalletti, proprio dopo le cadute, sa dare il meglio di sé. La Roma, in questi 4 mesi, solo dopo la sconfitta interna contro il Porto non è riuscita a vincere la partita successiva: 2 a 2 al Sant’Elia contro il Cagliari, facendosi rimontare 2 reti. È, invece, ripartita con convinzione dopo gli altri 3 ko subiti in trasferta contro la Fiorentina, il Torino e l’Atalanta, segnando sempre 4 gol all’Olimpico, rispettivamente 4 a 0 contro il Crotone, 4 a 0 contro l’Astra Giurgiu e 4 a 1 contro il Viktoria Plzen.
Dopo la sconfitta con al Juve il tecncio ha chiarito al gruppo che la Roma esce ridimensionata solo dalla classifica. Perché ha comunque sfidato la Juve a viso aperto, costringendola alla difesa e al contropiede negli ultimi 20 minuti. L’inseguimento alla capolista non deve dunque finire qui.
«La Juve è grande, noi ancora no. Dispiace dirlo, ma è così» ha detto con sincerità e orgorglio, Szczesny. Che ha fatto il distinguo pure tra «uomini» e «ragazzini». Chissà se pensando anche alle scelte di Spalletti nelle sfide cruciali finite male.
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