Quella che l'ex numero 10 ha pronunciato nell'intervista al Messaggero risale del resto ad appena sette giorni fa: "De Rossi alla Roma rischia la fine di Mourinho". Detto, scritto, fatto. Alle otto del mattino e mentre preparava l'allenamento a Trigoria, ignaro forse di tutto, ieri DDR è stato licenziato in tronco da Friedkin, esattamente come accadde al suo predecessore appena otto mesi fa. E come all'epoca, il modo alimenta dibattiti ben più della sostanza, scrive Andrea Sorrentino su Il Messaggero. Caro Daniele, riempia gli scatoloni e addio, lei non lavora più qui, da oggi ci sarà il signor Juric. Dan Friedkin non si separa dai suoi collaboratori, fa di più: recide con un colpo di cesoie, e pazienza se qualcuno se la prenderà. Non è accaduto solo con gli ultimi allenatori, ma anche con molti dirigenti che si sono avvicendati in questi quattro anni. E' il metodo Dan, e di solito nelle sue aziende funziona. Quindi vale anche per la Roma, dice lui. Anche a costo di cancellare dal club l'ultima bandiera rimasta, dopo Totti, dopo Mourinho, dopo Bruno Conti: sembra un salto nel buio o un viaggio senza ritorno, perché la città rischia di non dimenticare, ma evidentemente Friedkin sa quello che fa, e perchè lo fa. Per la prima volta da quando ha acquistato la Roma, ha preso una decisione davvero impopolare in assoluto, ben valutandone le conseguenze a breve e medio termine. Finora c'erano stati i grandi colpi popolari o populisti: prima Mourinho, poi Dybala, poi Lukaku che atterra a Ciampino sull'aereo pilotato da mister Dan, infine De Rossi. Panem et circenses, e il popolo godeva.
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La profezia di Totti
Ma nel 2024 Friedkin ha modificato la rotta di 180 gradi con un brusco movimento della cloche. In pochi mesi ha cacciato Mourinho, anche se edulcorò l'esonero con l'ingaggio di De Rossi; poi ha lasciato andare al suo destino Lukaku, e in estate ha provato a liberarsi pure di Dybala, invano; infine ha troncato la storia con De Rossi, per via di rapporti incrinati coi dirigenti e anche per i risultati che non arrivavano, anche se era solo la quarta giornata. Un po' come Mourinho, insomma. Allora via tutti i veli e le velette giallorosse, via i parafulmini e 1 paraventi: adesso la Roma è nuda, sola con se stessa. Non ci sono più bandiere, non si sono praticamente più romani (via anche Bove, resistono Pellegrini e Pisilli) e nemmeno italiani nella catena di comando, tutta straniera fino all'allenatore in campo. E' la nuova Roma, che ormai è al bivio: o precipita in una crisi di identità, o decolla verso nuovi destini, con Friedkin in cabina di pilotaggio. È il nuovo calcio, bellezza, e dobbiamo farci i conti: ormai funziona così, e chi non si adegua è perduto. Bandiere comprese.
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