Non ha colpa il giovane Gerson dal volto perennemente accigliato se la Roma per portarlo a Trigoria ha speso tutti quei soldi (18 milioni); non è colpa sua se Luciano Spalletti, che avrebbe preferito fin dalla passata stagione parcheggiato in provincia, una volta lo mette a centrocampo, un’altra al posto di Salah e molte altre ancora lo fa accomodare in panchina. Non può essere (solo) colpa sua se, dopo mesi di Roma, nessuno ci ha ancora capito qualcosa. In primis, se Gerson è un bluff oppure un incompreso. O semplicemente un ragazzo che ha qualità ma che non valeva (vale) tutti quei soldi. Perché ogni giudizio sul suo conto è condizionato dai milioni che Sabatini ha girato in Brasile pur di fregarlo, dicono, al Barcellona. Intanto, critici e tifosi nei suoi confronti non sono mai sereni, scevri da condizionamenti economici. Da lui, per via di tutti quei soldi, ci si aspettava, e si aspetta, che vinca da solo le partite. Qui, e questo deve essere chiaro, non si sta parlando del nuovo Falçao, forse neppure dell’erede di Marcos Assunçao ma sarebbe opportuno non etichettarlo già come il più fragoroso flop della storia recente della Roma. Come si fa, ora, a dare un giudizio definitivo sul suo conto? Impossibile farlo, se non si vuole abbandonare la via dell’onestà intellettuale, come scrive Mimmo Ferretti su Il Messaggero.
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Gerson, bluff o incompreso? Non lo sa neppure Lucio
I 18 milioni spesi da Walter Sabatini per acquistarlo si fanno sempre più pesanti sul groppone del giovane brasiliano che in campo continua ad essere fuori dagli schemi di Spalletti
Per valutarlo compiutamente serve vederlo in campo con continuità e nel suo ruolo. Se è lento, è compito dell’allenatore sfruttarlo al meglio nonostante quel difetto; se non va mai in profondità idem; stessa cosa se ama toccare e ritoccare il pallone. Se poi tutti gli sforzi dovessero rivelarsi vani, allora ok: prego, stretta di mano e via dalla Roma. Qualsiasi altro atteggiamento oggi sarebbe sbagliato. Roma è città maestra nel regalare patenti di ogni tipo: ci sono quelli bravi a prescindere e quelli scarsi anche se fanno cantare il pallone. Gerson è uno che si avvia a beccarsi un’etichetta e a non togliersela mai più dalle spalle, se si continuerà a chiedergli ciò che per lui adesso è impossibile.
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