La Roma contro la Juventus, Stadium di Torino, 5-ottobre 2014: Skorupski, Maicon, Manolas, Yanga Mbiwa, Holebas, Pjanic (39' st Paredes), Keita, Nainggolan, Gervinho, Totti (29' st Destro), Iturbe (21' st Florenzi); la Roma contro il Napoli, stadio San Paolo, 1 novembre 2014: De Sanctis; Torosidis (37’ st Ljajic), Manolas, Yanga-Mbiwa, Holebas; Pjanic, Keita, Nainggolan; Gervinho, Totti (19’ st Destro), Florenzi (19’ st Iturbe); la Roma contro la Sampdoria, stadio Olimpico, 16 marzo 2015: De Sanctis, Torosidis (27' st Ljajic), Yanga Mbiwa, Astori, Holebas, Florenzi, Keita, Pjanic, Gervinho, Totti (18' st Verde), Iturbe (23' st Doumbia). E adesso? Non siamo al trovare le differenze. Sono le tre sconfitte della Roma, le uniche fin qui in campionato.
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De Rossi, capitan talismano
Con lui in campo quantomeno non si esce con zero punti. Sarà un caso ma questo tranquillizza Garcia
La prima, immeritata, le altre due sconfitte sono arrivate dopo prestazioni sciatte che spesso abbiamo rivisto quest’anno ma che però non hanno prodotto sconfitte. In comune c’è un dato, che può anche non essere significativo, ma è un qualcosa di incontrovertibile: non c’è mai Daniele De Rossi in quelle tre formazioni. A Torino e con la Sampdoria per infortunio, con il Napoli out per scelta tecnica (e non stava benissimo). Quindi è facile sostenere che con De Rossi in campo, quantomeno non si esce con zero punti. Sarà un caso e forse lo è e, sotto questo aspetto, il suo rientro in campo dopo la squalifica scontata contro l’Atalanta, un po’ tranquillizza Garcia, che in quel ruolo ha il solo Keita, che non è al top.
LA STAGIONE NO - De Rossi, va detto, non è certo nel pieno della sua migliore stagione, però resta una presenza significativa all’interno della squadra. Daniele è alle prese con una crisi d’identità, che è un po’ la stessa che sta vivendo la Roma da qualche mese a questa parte. Ha tutte le intenzioni di chiudere l’anno con dignità, c’è il derby continuo da vincere e l’intenzione di portare la Roma a quel secondo posto, che da acquisto ora sembra essere vissuto come una chimera. Il suo rapporto con una parte dei tifosi scricchiola, non sopporta più le chiacchiere sul suo conto, il passare sempre per capro espiatorio (succede anche a Pjanic, tanto per fare un esempio) di tutti i mali. Ogni volta che qualcosa non quadra, escono voci e situazioni sulla sua vita privata. Daniele non vuole passare da vittima, ma uscirne è complicato, specie in una città tentacolare come Roma, capace di darti e toglierti nel giro di un attimo. Il suo gol segnato a Cesena (il suo secondo in campionato) è la foto di tutto questo: l’esultanza spalle al settore dei sostenitori giallorossi dimostra come in quella fase (e oggi è più o meno lo stesso) ci fosse una divisione (vice) capitanata proprio da Daniele, che ha indirizzato la sua corsa verso la panchina.
IL FUTURO - Il futuro è nelle sue mani e tante cose De Rossi le ha fatte capire: gli Stati Uniti o l’Argentina sono due mete apparentemente esotiche ma allo stesso tempo piene di avventura libera, lontano da tutto e dalle voci (tra l’altro il suo procuratore ieri era atteso a Trigoria). Le sette partite rimaste ci diranno la verità e anche lui alla fine avrà le idee più chiare. Non ha intenzione di sentirsi un peso né per la gente né per la società (per via dell’ingaggio). L’Inter e San Siro in passato qualche emozione gliel’hanno regalata: dalle coppe Italia e Supercoppa (vinta con un suo gol a Meazza) alle grandi sfide contro Zanetti e la corazzata di Mourinho prima e Mancini poi. Ecco, Mancini, domenica ritrova l’allenatore che lo ha inseguito e amato per molto tempo, quello che lo stava per portare a Manchester qualche anno fa. Chissà se Daniele avrà mai pensato a quel periodo con rimpianto. Forse no, perché ogni sua scelta è arrivata col cuore e anche a giugno deciderà con lo stesso principio. Senza rimpianti. Mai.
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