rassegna stampa roma

L’obbligo è chiudere dignitosamente

(Corriere dello Sport – L.Cascioli) Bella partita a tratti, quella di domenica, che si conclude però con una brutta sconfitta della Roma. Si misuravano due squadre in declino, rimaste escluse dal gran­de giro. Ha vinto la Juve perché...

Redazione

(Corriere dello Sport - L.Cascioli)Bella partita a tratti, quella di domenica, che si conclude però con una brutta sconfitta della Roma. Si misuravano due squadre in declino, rimaste escluse dal gran­de giro. Ha vinto la Juve perché Storari ha parato tutto e perché i suoi attac­canti sono stati più preci­si e più cinici.

Il resto che rimane da dire riguarda ormai il futuro, perché il presente promette poco sia all'una che all'altra. Per la Roma la sconfitta significa una condanna per i suoi sogni da Cham­pions. Per la Juve la vit­toria rappresenta un con­tentino per addolcire il fi­nale di una stagione da cui i bianconeri si atten­devano molto di più.

Tutto era però comin­ciato come se le due squadre lottassero anco­ra per lo scudetto. Si av­vertiva nell'aria persino quel profondo legame di simpatia, quasi fisica, tra i giocatori e il pubblico. Un pubblico che non si li­mitava ad osservare le azioni di gioco, ma le rivi­veva palesemente. I gesti dei protagonisti erano ra­pidi, solleciti, aggressivi. Ogni loro mossa veniva accolta con piacere ed entusiasmo, come nelle partite decisive. Il gioco sciorinava creazioni, continuamente ripropo­ste, cui mancava solo la precisione finale, manca­va l'esattezza, mancava la misura. E Storari ci metteva, con le mani e con i piedi, i centimetri necessari per evitare d'essere battuto. Il van­taggio della Juve nel se­condo tempo sembrava solo il frutto di una enor­me fortuna. Proprio la ri­presa ci precisava invece che era merito della mi­gliore organizzazione della squadra biancone­ra, di fronte alla quale la Roma continuava a de­clamare solo il suo “vor­rei, ma non posso”. La fortuna della Juve stava tutta nel saper sfruttare i punti deboli della Roma e in una migliore condi­zione fisica, che si pale­sava soprattutto nel fina­le. Tra le due difese, che quest'anno sono state lo specchio dei limiti delle due squadre, quella del­la Juve ha finito per com­mettere meno errori. E anche questa costatazio­ne può servire a spiegare il risultato.Arrivati a questo punto, benché si aggravi il peri­colo di cedere alla tenta­zione di pensare solo a un futuro migliore, biso­gna invece, con maggiore onestà, pensare al pre­sente, anche se Montella farà fatica a riproporre in campo una squadra con lo stesso ardore di fare. Una necessità di ordine morale impone alla Ro­ma di chiudere la stagio­ne nel modo più dignitoso possibile. E non si tratta di un imperativo astratto. La Coppa Italia è ancora un traguardo concreto. Queste avventure le squadre e i giocatori di rango sanno viverle fa­cendosi motivare dal­l'istinto. Insomma non vorremmo che la Roma, d'ora in avanti, saltellas­se annoiata alla ricerca di un'ispirazione. Per cre­dere seriamente in una futura Roma più forte vorremmo vederla anco­ra giocare, non fare solo ginnastica o escursioni­smo calcistico. Per tenere desti i muscoli dell'orgo­glio, bisogna saperli con­servare sempre in tensio­ne. Ovverossia una squa­dra ha valore se possiede un suo margine inattac­cabile di dignità, senza che si faccia mai cattura­re dalla noia che porta al­la rinuncia. Ciò che da oggi in poi ci interessa della Roma è il segreto meccanismo che farà muovere i giocatori, l'ani­mo con cui sapranno af­frontare gli ultimi appun­tamenti di una stagione vuota. E' quell'animo la piattaforma morale su cui i dirigenti dovranno costruire la nuova squa­dra. Il resto è polvere.