Il prossimo 18 agosto saranno 9 anni. Tanti ne sono passati da quando James Pallotta ha rilevato la Roma: era il 2011 e sembrava l’inizio di qualcosa di nuovo, un percorso in ascesa, scrive Matteo Pinci su "La Repubblica". Era invece un gigantesco gioco dell’oca, in cui alla fine di ogni stagione si riparte dal via. La sconfitta di San Siro contro il Milan ha fatto scivolare Dzeko e compagnia a 9 punti dall’Atalanta quarta, 13 dall’Inter terza, certificando forse in via definitiva che anche quest’anno l’obiettivo è sfumato. Oggi è la qualificazione in Champions, perseguibile solo vincendo l’Europa League. Ieri era lo scudetto, utopia rimasta tale come ogni rivoluzione che si è alternata all’ombra dei lecci di Trigoria.
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Roma, giostra impazzita. Il quarto posto è sfumato e ora i conti fanno paura
Otto allenatori e cinque direttori sportivi cambiati in nove anni della gestione Pallotta
Otto allenatori in 9 stagioni, ma anche tre presidenti, cinque amministratori delegati, due direttori generali, quattro direttori sportivi, e diventeranno cinque appena verrà comunicato l’esonero di Petrachi per avvicendarlo con l’ex portiere De Sanctis. Soprattutto 152 giocatori alternati per 832 milioni di euro spesi.
Per anni l’equilibrismo del ds Sabatini ha prodotto cessioni milionarie per compensare la crescita parallela di costi e ambizioni. Migliorandosi sempre: via Marquinhos per Benatia, Benatia per Manolas. Un gioco rischioso che ha smesso di funzionare quando, col ds Monchi che per questo s’è guadagnato l’odio imperituro di Pallotta, chi arrivava non era più all’altezza di chi andava via: Schick per Salah, Olsen per Alisson, Pastore per Nainggolan, Nzonzi per Strootman.
Un anno fa il club chiudeva il bilancio con un rosso di 24 milioni, oggi - complici pandemia e assenza dalla Champions - è già di 126 a tre mesi dalla chiusura dei conti. Il capitale sociale è sceso sotto il limite legale, si viaggia a vista: la dirigenza sta strizzando le possibilità offerte dal decreto Liquidità rinviando le scadenze a dicembre, pagando gli stipendi col ricorso a un prestito garantito dallo Stato, si è fatta scontare crediti futuri dalla società di Pallotta. Che di finanziare il giocattolo ha sempre meno voglia: la via di uscita era cedere il club a Dan Friedkin, che con un forte sconto l’acquisterebbe ancora. Il presidente però parla anche con altri soggetti interessati, sempre d’origine statunitense.
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