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Ranieri: “A Cagliari per Gigi Riva. Questa è la mia last dance”

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L'allenatore testaccino rivela che quella rossoblù sarà la sua ultima squadra in carriera, a meno di un progetto intrigante di una nazionale
Redazione

Claudio Ranieri è agli sgoccioli della sua fantastica carriera da allenatore, in cui ha raccolto risultati ma soprattutto il rispetto di tutti i tifosi di calcio. E quelli della Roma, suo grande amore, che nutrono una enorme riconsocenza e un grandissimo affetto. In una intervista a 'La Repubblica', l'attuale tecnico del Cagliari ha raccontato le sue sensazioni, annunciato che i rossoblù saranno la sua ultima squadra.

Ha passato i settanta, Ranieri. Non è stanco, o stufo? "Finché lavoro sono pimpante. Allenare mi tiene al passo con i tempi. Per quanto mi riguarda, mi sento un sempreverde":

Ma non può durare in eterno, no? "Infatti ho deciso che il Cagliari sarà l’ultima squadra che allenerò. Farei un’eccezione soltanto per una nazionale intrigante, e preciso che non mi sto candidando alla panchina azzurra".

Quindi il prossimo campionato sarà la sua last dance? "Calma. Ho detto che il Cagliari sarà la mia ultima squadra, ma non per quanto lo sarà. Magari resisto vent’anni.... Scherzi a parte, mi sento di chiudere finalmente un cerchio".

Lei ha realizzato una delle imprese più incredibili della storia del calcio, vincere la Premier con il Leicester. Perché non si è fermato lì e ha preferito ripartire dal basso? "Perché io dimentico. Quell’impresa l’ho messa da parte, magari me la godrò da vecchio. Per me il campionato vinto a Leicester vale quanto la promozione con il Cagliari o il secondo posto con la Roma. Sono molto pragmatico, non vivo di ricordi. Vivo di domani".

Chi segue la Serie A è felicissimo di ritrovarci lei: si è mai chiesto perché tutti le vogliono bene? "Credo che sia perché do rispetto e di conseguenza ne ricevo. Eppure sono chiuso, non espansivo, pur essendo romano. Sono uno di quei pochi romani che si tengono tutto dentro, anche se qualche volta mi avete visto emozionarmi in pubblico".

Non si sente un personaggio diverso dalla norma? "Ma no. Però è vero che sono stato apprezzato anche quando non ho vinto, forse perché non mi sono mai tirato indietro. E poi forse conta che mi sono sempre comportato bene, che se perdo perché gli altri hanno giocato meglio lo riconosco, che non cerco scuse, che non corro dietro all’arbitro per dare la colpa a lui o magari alla pioggia".

Quindi vincere è secondario? "No, il risultato è la prima cosa. Ma ai giocatori dico: se date tutto, accetto qualunque verdetto. La cosa più importante è avere la coscienza a posto. Ecco: la vittoria è dare tutto e avere la coscienza a posto. Io tante volte non l’ho avuta, anch’io posso essere più o meno in vena, ma lo si riconosce e si ricomincia".