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Mourinho: “Alla Roma ero l’unico volto del club. Nessuno sognava una finale europea”

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Le parole dello Special One: "Quando sei molto di più non sei un buon allenatore come potresti. Datemi una struttura professionale in cui io sia solo il capo allenatore perché è questo che so fare"
Redazione

José Mourinho è tornato a parlare del suo passato alla Roma. Lo ha fatto in una lunga intervista rilasciata al quotidiano "The Telegraph" nella quale ha svariato dal suo passato, al suo futuro, soffermandosi anche sull'esperienza in giallorosso: "Non è che io abbia paura di lavori con club non 'fatti per vincere'. Il mio lavoro è cercare di trasformare i club in quelli 'fatti per vincere', o per raggiungere alcuni obiettivi". Queste le prime parole di Mourinho che ha poi proseguito: "Il mio sogno lavorativo è fare solo l'allenatore. Essere l'uomo che lavora con la squadra, che si concentra sullo sviluppo dei giocatori e sulla preparazione delle partite". Lo Special One ha poi parlato del suo doppio ruolo nella Roma: "Fortunatamente, nella mia carriera ho avuto questa possibilità. Purtroppo ho avuto altre situazioni in cui ho dovuto essere molto più di questo. Quando sei molto più di questo non sei un buon allenatore come potresti. Il club ti mette in una posizione in cui non vorrei essere. Pensa che dopo la finale di Europa League persa, nelle circostanze in cui l'abbiamo persa, fossi felice di tutte le emozioni che ho provato? Pensa che fossi felice di essere il volto del club che andava in conferenza stampa per parlare di questi eventi? No, odiavo andarci". Poi sul suo futuro ha ammesso: "Datemi una struttura professionale in cui io sia solo il capo allenatore perché è questo che so fare. La gente dice che sono bravo a comunicare. Molte, molte volte si dicono cose sbagliate. Soprattutto quando si comunica tre o quattro volte a settimana. La struttura di un club mi spinge nella direzione sbagliata".Mourinho ha poi concluso con una parentesi sul tipo di club e di obiettivi che vorrebbe avere in futuro: "Quello che voglio dire è che la gente dovrebbe guardarmi come guarda gli altri. Per me è importante che il club abbia degli obiettivi e che io possa dire che sono pronto a lottare per questi obiettivi. Non voglio dire realistici, ma almeno semi-realistici. Perché quando sono andato alla Roma nessuno sognava una finale di Coppa Europa e l'abbiamo raggiunta. Non è possibile che io vada in un club quasi retrocesso e l'obiettivo sia vincere la Champions League. È bello ma non è giusto".

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