Una volta sola si sono incrociati su un campo di calcio. Una volta la Roma ha avuto a che fare direttamente con Johan Cruyff.
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Cruijff, la Roma di Liedholm e il calcio totale
È il 14 agosto 1983, la squadra giallorossa affronta il Feyenoord di Libregts, ma soprattutto della stella più brillante dell’Arancia Meccanica, al suo ultimo anno da professionista
È il 14 agosto 1983, la squadra giallorossa – fresca vincitrice del secondo campionato della sua storia – affronta il Feyenoord di Thijs Libregts, ma soprattutto della stella più brillante dell’Arancia Meccanica. Il contesto è amichevole, nell’ambito del quadrangolare di Amsterdam.
La partita non dice tanto, vincono i biancorossi di Rotterdam 5-4 ai rigori (nei tempi regolamentari segna Di Bartolomei su punizione per i giallorossi), ma la notizia è soprattutto un errore dal dischetto del fenomeno di casa, comunque ininfluente ai fini del risultato. Tuttavia, si può serenamente affermare che se c’è una squadra in Italia – oltre al Milan di Sacchi – che ha cercato di trarre ispirazione dal “calcio totale” di quell’epoca è sicuramente la Roma.
Il primo esempio in questo senso riporta proprio agli Anni '80 con Liedholm in panchina. Lo svedese è il primo a ottenere risultati in Serie A uscendo dagli schemi italiani del contropiede e della marcatura a uomo. L’allenatore fa applicare ai suoi calciatori la zona a tutto campo e per disorientare gli avversari la tattica migliore è l’antesignana del tiki-taka, la “ragnatela”. Ovvero, una serie di passaggi orizzontali per scardinare le retroguardie. Non solo, anche il sistema di gioco adottato sul terreno verde è avveniristico.
Lo scudetto 1982-1983 arriva grazie a questo schieramento: Tancredi in porta, Nela, Vierchowod, Di Bartolomei, Maldera in difesa. Ancelotti, Falcao, Prohaska a centrocampo. Conti, Pruzzo e Iorio in attacco. Una sorta di 1-3-3-3, un po’ come l’Olanda “totale”. La differenza sostanziale tra le due formazioni è la capacità di ribaltamento dell’azione. Più ragionata quella romanista, più rapida quella olandese. Le chiavi del calcio del “Barone” sono la mobilità e l’interscambiabilità dei ruoli. L’ “1” vertice basso in retroguardia è Agostino Di Bartolomei, ex centrocampista, non mobilissimo, ma dalla raffinata tecnica e dalla rara potenza di calcio. Il suo compito è creare superiorità numerica sulla linea mediana in fase di possesso. L’omologo nell’Olanda 1974 di “Ago” è Arie Hann, reinventato libero da Michels proprio come il numero 10 di Tor Marancia.
Pure lui specialista sui calci da fermo, non a caso ribattezzato il “bombardiere” (segnò all’Italia nei mondiali del 1978). Pietro Vierchowod è l’altro difensore: piede sinistro, velocità di base invidiabile, capace di interpretare al meglio il ruolo di baluardo centrale. Parole che potrebbero essere adattate per Ruud Krol: piede sinistro educato, fisico imponente che permette di abbinare ad una buona velocità e progressione. Forte di testa, difficile da superare nell’uno contro uno. In regia, l’uomo fulcro del gioco della Roma ’83 è il brasiliano Paulo Roberto Falcao. “Tuttocampista” con il numero 5 sulle spalle, sa impostare, rifinire e andare in gol. Alla stregua di Johan Neeskens, elemento cardine nel meccanismo di Michels, che lo fa giocare prima mediano poi in coppia sulla trequarti con Cruyff e, infine, attaccante. Quello che manca alla Roma di Liedholm è proprio un Cruyff. Uno che sappia fare gol, ma pure partecipare alla manovra con qualità sublime. Quello che oggi viene correntemente definito “falso nove” o “falso nueve” in lingua spagnola. Non può esserlo il “Bomber” Roberto Pruzzo, centravanti d’area di rigore fortissimo, ma dedito esclusivamente alla realizzazione. E non può esserlo nemmeno Bruno Conti, fuoriclasse della fascia, tecnica purissima, ma con il lavoro principale di dare supporto al centravanti di turno (Pruzzo su tutti).
Luciano Spalletti, un altro tecnico che ha dato alla Roma quella filosofia offensiva votata al calcio totale, commentando la notizia della scomparsa dell’asso di Amsterdam, ha voluto fare proprio questo rilievo tattico: “Ora ci piace ogni tanto giocare su questo fatto del 'falso nueve'. Forse, volendo esasperare un po’ il concetto, è stato un calciatore che aveva quelle qualità lì. È stato un falso nove, perché lui giocava centravanti, però poi lo trovavi all’ala sinistra, veniva sotto la metà campo a prendere palla sui piedi e ribaltava l’azione in un attimo”. L’unico che può essere accostato a Johan è un calciatore di un’altra epoca rispetto agli Anni 70 e 80. È quello che ha la maglia numero 10 nella Roma di oggi, Francesco Totti. Meno veloce del 14 olandese, ma fisicamente più dotato, in due sono stati capaci di segnare 669 gol (300 Totti, 369 Cruyff). Al Pacino in ogni “Maledetta domenica” direbbe: “È il football signori, è tutto qui”.
(T.Riccardi - asroma.com)
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