“Se ci fosse più amore per il campione oggi saresti qui.”
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Onorare la maglia della Roma ep.7: Agostino Di Bartolomei
Agostino Di Bartolomei amava il calcio sopra ogni cosa. Capelli neri lucenti come le sopracciglia, spesso aggrottate. Di poche parole ma un genio coi piedi. Col numero 10 sulle spalle e la fascia al braccio, guidò la Roma a cavallo degli anni...
Sono i versi cantati da Antonello Venditti in “Amore e tradimento” dedicata all’amico Agostino Di Bartolomei, scritta ad anni di distanza da quel tragico 30 maggio 1994, quando Agostino aprì il cassetto dove è riposta una Smith & Wesson calibro 38, uscì nella veranda della casa a San Marco Catellabate e si tolse la vita con un colpo di pistola dritto al cuore.
Se ci fosse stato più amore, oggi probabilmente racconteremo una storia diversa.
L’amore per il calcio è quello che trasformò Agostino in Ago, Di Bartolomei in Diba.
I primi calci al pallone li tira nei campetti dell’oratorio del San Fillippo Neri di Tor Marancia per poi tesserarsi con l’OMI. Un gioco pulito, lineare e un atteggiamento serio e protettivo sono i tratti del giovane campione che verrà.
Nei primi anni ’70 entra finalmente nelle giovanili della Roma, vincendo due campionati primavera tra il 1972 e il 1974. Nel frattempo ha già esordito in Serie A, in un palcoscenico importante come quello di San Siro, al cospetto dell’Inter di Mazzola e Boninsegna.
Per farsi le ossa la Roma lo manda al Lanerossi Vicenza che milita in Serie B, gioca 37 gare in una stagione ed è pronto per tornare a casa, perchè a Roma lo aspettano Niels Liedholm e la maglia numero 10.
È la stagione 1976-77: quella della consacrazione di Bruno Conti e Ago, ma anche quella degli infortuni di Francesco Rocca. Di Bartolomei, che è dotato di una potenza di tiro impressionante, è il miglior marcatore della squadra con 9 reti.
Nella stagione del 1977/78, quando sulle maglie della Roma compare il lupetto per la prima volta, Diba segna a raffica. È nuovamente miglior marcatore della squadra, stavolta con 13 goal: la sua miglior stagione dal punto di vista realizzativo.
L’arrivo di Pruzzo nel 1978 in parte cannibalizza le marcature di Agostino, il quale riesce comunque a concludere la stagione con 8 reti all’attivo. In casa Roma però, c’è aria di cambiamento.
Anzalone cede la società a Dino Viola, il quale riporta sulla panchina Il Barone Liedholm, fa rientrare dal prestito al Genoa Bruno Conti e si aggiudica il giovane Carlo Ancelotti dal Parma. Cambiano anche le divise: la maglia AS Roma 1979-80 è l’iconica “maglia ghiacciolo” firmata Pouchain. Agostino la vestirà adornata con la fascia di capitano, fungendo da allenatore in campo.
È il primo capitano romano e romanista della storia: elegante e carismatico, il primo a sacrificarsi ed ergersi per gli altri, come quando c'era bisogno di andare a parlare con la società per i premi di fine stagione.
Con l’arrivo di Falcao, la Roma si prepara per la corsa allo Scudetto del 1983, alzando nel frattempo due volte la Coppa Italia. Liedholm addirittura lo arretra libero in questa stagione: inizialmente Ago non capisce questa scelta, ma si fida ciecamente del suo allenatore, e infatti a fine campionato la Roma conterà solo 3 sconfitte e Di Bartolomei scriverà il suo nome nella storia come il capitano del secondo scudetto della Roma.
Nel video dei festeggiamenti rilascia un’intervista lucidissima, dove viene immortalato uno dei suoi preziosi sorrisi. Forse Agostino sentiva come una missione il fatto di dover essere sempre sobrio, quasi a proteggere i compagni, la squadra e la stessa società. Come se fosse compito suo dare l'esempio, in ogni occasione.
Come durante una finale di Coppa Campioni giocata in casa, dove è l'unico a sembrare pronto prima del fischio d'inizio, ed è anche il primo ad andar sul dischetto per la lotteria dei rigori, segnando il primo per i giallorossi.
Il 30 maggio 1984 è la data del primo addio, sofferto, di Ago. Alla sua amata Roma.
Dieci anni dopo Agostino Di Bartolomei da un secondo, definitivo, addio. Nell’agenda di Ago trovarono 3 foto: la foto della sua famiglia, la foto di un santo e la foto della Curva della Roma.
Agostino Di Bartolomei non apparteneva al calcio di quell'epoca. Si era creato un calcio tutto suo, fatto di serietà, di gentilezza e riservatezza. Purtroppo il calcio che tanto amava, in fondo non lo rispecchiava.
Luca Rapetti
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